Forse arrivati a questo punto l'avrete gia' capito da soli che io non sono propriamente una foodblogger-kamikaze, pronta a tutto pur di continuare ad alimentare il Sacro Fuoco della creazione culinaria. Ogni tanto mi devo prendere una pausa, e di solito succede quando la notte inizio a sognare pomodori in lacrime, che mi implorano di trovar loro una mozzarella degna di tale nome; impasti bubbolosi che crescono a dismisura, accusandomi tra l'altro di non averli mai nutriti di lievito madre; o croissant irragiungibili, che prima mi sventolano sotto il naso la loro fragranza burrosa e poi corrono via, lontano, a tuffarsi felici in una ciotola di caffe'.
Segnali inconfutabili che e' giunta ora di concedersi una vacanza, sollazzarsi nel dolcissimo oblio eno-gastronomico, dimenticarsi di come si prepara una frolla, di come si sventrano delle povere orate, o del motivo per cui mesi fa avevo acquistato un sacco pieno di farina d'orzo. E stavolta mi e' presa proprio brutta, tanto che per qualche settimana ho seriamente meditato di appendere il grembiule al chiodo e mandare il mio blog in pensione dopo appena un anno di (onorato) servizio. Siccome di voi mi fido e so che non lo racconterete a nessuno, vi confesso che in questi mesi ho perfino commesso degli atti di pura follia, mettendo in vendita uno dopo l'altro 22 libri di cucina (!!), il Kitchen Aid, una pentola in terracotta mai utilizzata e l'amatissima Imperia. E, peggio ancora, non ho assolutamnente provato alcun rimorso. E' stato facilissimo. ZAC! Il tempo di mettere un annuncio online, e via. Provare per credere.
Eppure, altrettanto improvvisamente di come se ne e' andato, ecco che l'ardore culinario si rifa' vivo, impadronendosi delle tue fantasie da pendolare e costringendoti a riprendere in mano i pochi libri sfuggiti al massacro. Sara' stata l'aria frizzantina di ottobre, che un pomeriggio per caso mi ha ordinato di rinchiudermi in cucina, col forno a mille a sfornare biscotti; o forse sono state tutte le zucche trafitte ad Halloween, che mi hanno supplicato per favore di usarle per un risotto. Fatto sta che, un giorno come un altro, ho pensato bene di comprarmi un grembiulino nuovo, ripescare gli attrezzi del mestiere dal fondo del cassetto (ma che dico? io non ce l'ho nemmeno un cassetto...) e ricaricare la batteria alla macchina fotografica.
Ne sono passate abbastanza di frolle sotto alle lame e di polli sotto al grill per farmi capire che probabilmente sara' sempre cosi', un continuo alternarsi di sentimenti, un eterno rapporto di amore/odio con questa follia chiamata blog. Food-blog, a voler essere precisi. Quella dolce vacanza non era la prima, e di sicuro non sara' l'ultima. Prendetemi cosi'.
Amen.
per 4
pollo, tagliato a pezzi 1
marmellata d'arancia 1/2 bicchiere, ca.
limoni 1
bourbon 3-4 cucchiai
cipolla rossa 1
arance 2
sale, pepe, chiodi di garofano in polvere q.b.
Perche' il Sacro Fuoco mi abbia ipnotizzato con visioni di polli, agrumi e marmellata, non ve lo so dire. Io dal canto mio non ho opposto resistenza, anzi, l'ho presa come un'ottima scusa per utilizzare uno degli innumerevoli vasetti di marmellata della dispensa, facendo cosi' posto alla prossima.
Asciugare bene i pezzi di pollo con carta da cucina e massaggiarli con sale e pepe. In un pentolino mescolare la marmellata d'arancia, il succo e la scorza grattuggiata del limone, il bourbon e del garofano in polvere, e scaldare leggermente. Versare la marinata sopra i pezzi di pollo, facendo in modo che ne siano ben coperti da tutte le parti, e lasciare insaporire per almeno un'ora.
Trascorso il tempo necessario, disporre il pollo in una teglia rivestita di carta forno, con la pelle rivolta verso l'alto, e unire la cipolla e un'arancia tagliate a spicchi. Bagnare col succo della seconda arancia, e infornare a 180 per circa un'ora, o finche' la pelle risulta ben dorata.
Disporre i pezzi di pollo su un piatto da portata. Raccogliere il liquido dal fondo della teglia e farlo addensare sul fuoco. Versarlo sopra il pollo, e servire.
Forse e' superfluo sottolinearlo, ma consiglio vivamente di mangiare la suddetta pietanza con le mani. Leccate gente, leccate.