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Marmellata di Kumquat, Mele e Pompelmo Rosa

venerdì 31 luglio 2009

Ecco, lo sapevo. L'altro giorno sono ricaduta nel circolo vizioso delle marmellate, anche se avevo promesso alla mia dispensa che avrei consumato almeno tutti i vasetti del ripiano piu' alto prima di infilarcene dentro di nuovi. Solo che vagando per Chinatown ho trovato gli ultimi strascichi di kumquat e mi e' venuta in mente questa marmellata che avevo provato circa due anni fa. (E l'occhio mi e' pure caduto su una montagna di lychee, dandomi come la sensazione che saranno loro i prossimi a finire in pentola...).

Questa e’ l’ennesima ricetta che faccio ispirandomi al libro di Christine Ferber, Mes Confitures. Per quei pochi che ancora non lo sapessero, la Ferber e’ la regina delle marmellate, una famosa chef francese che da anni vive in un villaggio dell’Alsazia gestendo una pasticceria/negozio di confetture, diventato ormai una sorta di luogo di culto per migliaia di affezionati. Qui potete leggere la descrizione del pellegrinaggio a Niedermorschwihr di Clotilde di Chocolate&Zucchini; e qui il bellissimo resoconto di Alex di Cuoche dell’Altro Mondo. Come dire, c’e’ chi sogna di andare a Cannes, e chi invece sogna di varcare la soglia di Au Relais des Trois Epis.

Anche in questo caso, mi sono ispirata alla Ferber per la combinazione di sapori, che come tutte le sue ricette e' veramente geniale, ma ho seguito il mio solito procedimento usando molto meno zucchero rispetto alla dose indicata nel libro.
Sara' anche una marmellata un po' invernale, ma ormai lo sanno anche i sassi che "The coldest winter I ever saw was the summer I spent in San Francisco". E se lo dice Mark Twain...


Marmellata di Kumquat
con Mele e Pompelmo Rosa


kumquat, al netto degli scarti 1,200 gr. circa
mele al netto 1 kg cira
pompelmi rosa 4
zucchero 1 kg.
limoni 2


Tagliare i kumquat in quarti e privarli dei semini interni. Sbucciare le mele e tagliarle a pezzetti. Sbucciare i pompelmi, privarli della membrana bianca, tagliarli a fette di circa ½ cm e poi a pezzi, eliminando gli eventuali semi.
Mescolare la frutta con lo zucchero e il succo dei limoni. Mettere il tutto in una larga ciotola, coprire con pellicola e lasciare riposare per una notte in firgo. Il giorno dopo cuocere la marmellata fno alla consistenza desiderata, schiumando quando necessario. Invasare nei barattoli propriamente sterilizzati, chiuderli per bene e farli bollire per circa 20 minuti. Lasciarli raffreddare nella stessa acqua per creare il sottovuoto.

Confessions of a Bloghaolic

mercoledì 29 luglio 2009
Pomodori

Mi hanno diagnosticato una nuova malattia. E allora tanto vale che faccia outing: Yes, I blog.
Ecco a voi dieci sintomi (uno piu’, uno meno…) per capire se anche voi soffrite di blog-dipendenza.

• La vostra collezione di farine ha di gran lunga superato quella delle vostre scarpe;
• Se non e’ sale rosa dell’Himalaya, cominciate a storcere il naso;
• Sparse per le cartelle del vostro computer ci sono piu’ foto di biscotti, muffins e zuppe in bicchiere che immagini delle vostre vacanze;
• Mangiate abitualmente bistecca fredda e spaghetti riscaldati, perche’ e’ vietato consumare il soggetto della foto prima di averlo ritratto a dovere;
• Parlate quotidianamente di lieviti e marmellate con gente da tutto il mondo, che non avete mai conosciuto di persona e che tuttavia considerate amica per il solo fatto di condividere la stessa ricetta della pasta frolla;
• Ogni volta che mangiate al ristorante, provate un irresistibile desiderio di riprodurre le pietanze nella cucina di casa vostra e gli amici non riescono a fermarvi quando senza pudore chiedete al cameriere se per caso vi puo’ passare sottobanco la ricetta di quello splendido souffle’;
• Cucinate sempre anche per un ospite fantasma: la porzione in piu’ sara’ l’oggetto delle vostre manipolazioni fotografiche;
• La sveglia puo’ suonare indisturbata per piu’ di mezz’ora quando si tratta di andare al lavoro, ma non avete problemi ad alzarvi all’alba per rinfrescare il pane o – peggio ancora – per poter scattare gli avanzi della sera prima sfruttando le prime luci del mattino;
• Avete un tuffo al cuore quando al mercato trovate le noci verdi col mallo;
• Vi ritrovate spesso a fare cose strane, come parlare alle polpette, accarezzare i pomodori, supplicare il pan di spagna o ballare con la bottiglia di aceto balsamico;
• Per voi il mondo si divide in due: quelli che….la carbonara con la panna, e quelli che ….la fanno come Dio comanda;
• Curate i vostri fermenti con amore materno e la notte vi svegliate di frequente perche’ vi sembra di averli sentiti mentre si riproducono;
• Avete provato almeno una volta in vita vostra a fare il pane in casa e vi siete commossi quando avete sfornato la prima ciabatta;
• Vi addormentate leggendo l’ultimo numero di Donna Hay e tenete almeno cinque libri di ricette impilati sul comodino;
• Da mesi non spendete piu’ nulla per scarpe e borse, perche’ state ancora pagando le rate della Canon;
• Quando vi dicono che i pomodori di cui sopra (BIOLOGICI!) sono imperfetti e bitorzoluti, la prendete come un’offesa personale;
• Arrivate sfiniti alla fine del weekend, e tutto quello che avete fatto sono delle uova bollite.

Un saluto dalla mia cucina
Sara alias One Girl in The Kitchen

Irish Soda Bread

domenica 26 luglio 2009
Irish Soda Bread

Ieri mi e' capitato di andare nel Richmond, un quartiere residenziale situato nella parte nord occidentale della citta'. Non ci sono stata molte volte, e le uniche cose che ricordavo erano la nebbia, che li' colpisce in anticipo ed e' piu' fitta che nel resto della citta', e la folta comunita' russa che spiega l'alta concentrazione di piroshki, blini e caviale in vendita nei numerosi alimentari di Geary Street.

Dall'est europeo all'Irlanda il salto non e' mai stato cosi' breve: non avrei mai immaginato che tra un'aringa, un bicchiere di vodka e una zuppa di rape si nascondesse una delle poche bakeries irlandesi di tutta San Francisco, se non l'unica. Ma dico io: dove me l'hanno nascosta in tutti questi anni????!!!?? Bisogna proprio essere distratti per non vederla, che' con il suo ingresso tutto dipinto di verde, la John Campbell's Irish Bakery e' proprio difficile da ignorare. Essere distratti e' dir poco....

Tra i prodotti che mi hanno colpito, la miriade di piccole pies, tutte col bordo perfettISSIMO, gli scones al Baileys che solo ad assaggiarli fanno ubriacare, e, of course, il mitico Irish Soda Bread, il pane irlandese al latticello (e poi, siccome siamo pur sempre a San Francisco, non ho potuto fare a meno di notare la presenza della focaccia al taglio, che -mi sbagliero'- ma credo non sia propriamente irlandese...).

Mi sono immediatamente ricordata di questa ricetta che avevo provato anni fa dal libro di J. Hamelman sul pane, Bread: A Baker's Book of Techniques and Recipes, che e' un po' come una specie di Bibbia per tutti quelli a cui piace mettere le mani in pasta. E mi sono anche ricordata che per farlo sarebbe necessaria una farina integrale apposita, irlandese DOC, che qui e' impossibile da trovare. Mi sono fatta coraggio e ho chiesto alla commessa se per caso me ne potevano vendere un pochino, di farina, come se, tra 00, 0, manitoba, extra-forte, integrale, integrale da pasticceria, di mais, fioretto, di grano duro, di ceci, di castagne (e sono sicura che ne dimentico qualcuna), la mia collezione non fosse gia' abbastanza nutrita....No, mi dispiace, non e' in vendita. Perfetto, questa bakery mi piace ancora di piu' e riesco anche a perdonarle la focaccia alle olive. Mi inchino al sapere, compro un paio di bicotti al burro semplici e profumatissimi, e me ne vado con la mia sfida in tasca.

Hamelman, che per qualche hanno ha vissuto e lavorato in Irlanda, ci avverte che e' praticamente impossibile riprodurre l'Irish Soda Bread dall'altra parte dell'oceano, sia per la mancanza della farina adatta, sia perche' il latticello a nostra disposizione e' solo una pallida imitazione di quello irlandese, pungente e aromatico, ricco di sapore e di grasso derivato dalle mucche che si nutrono di pascoli verdi. Mica l'ho detto io, eh! Eppure e' lui stesso a spiegarci due barbatrucchi che possono dare un risultato piu' che soddisfacente: il primo e' quello di usare un mix di farina integrale e germe di grano tritato grossolanamente (che puo' in qualche modo sostituire la farina integrale irlandese a grana grossa), e il secondo e' quello di sostituire circa il 20% del nostro latticello con un eguale peso di yogurt o panna acida.

Una pezza di qua, una pezza di la', e abbiamo la nostra versione dell'Irish Soda Bread. In fondo, se John Campbell di Belfast mi vende la focaccia al taglio, io credo di essere autorizzata a fare il suo pane, no?

E poi e' ancora Hamelman, beato lui, a venirmi in aiuto con una nota in calce alla ricetta. Quando ho letto queste parole, volevo quasi prendere un aereo e andare a casa sua nel Vermont per ringraziarlo di persona. So che entro in un terreno delicato e le argomentazioni non si possono ridurre a due righe, ma nonostante ami sperimentare in cucina, io sono fondamentalmente contro la filosofia moderna dell'avere tutto di tutto dapertutto. E' quella che io chiamo fragola ubiqua. Fragole, ma non solo, anche uva, ananas, mirtilli e pesche tutto l'anno: sembra quasi la descrizione del Paradiso Terrestre, e invece e' la realta' di oggi, per me non molto paradisiaca. Io sono contro la fragola ubiqua e universale, cosi' come sono contro la burrata a Chicago o la granita siciliana a Bormio. Certo, si puo' fare, ma non la si chiami granita siciliana, allo stesso modo in cui mi chiamano Parmigiano il formaggio plasticoso del Cile, o Mozzarella quella specie di sottiletta che non va mai a male. Ehm...scusate...sto divagando. Per tornare a noi, chiudo con queste parole, a proposito del pane irlandese: "In a way, I'm glad we can't quite duplicate the bread here; like the Guiness, it's somehow right that soda bread can't simply cross the ocean and still be as good as it is in Ireland herself".
(J. Hamelman, Bread, p. 264)

Campbell's Irish Bakery John Campbell's Irish Bakery
5625 Geary Blvd.
(between 20th & 21st Avenue)
San Francisco, CA 94121
Tel: (415) 387-1536



Irish Soda Bread
per una pagnotta di circa 500 gr.

farina 00 200 gr.
farina integrale 30 gr.
germe di grano 70 gr.
latte in polvere 12 gr.
zucchero 1/2 cucchiaino
sale 3/4 cucchiaino (3 gr.)
bicarbonato di sodio 1 cucchiaino e 1/2 (8 gr.)
lievito chimico 1/2 cucchiaino
latticello 265 gr.
(oppure 190 gr. latticello e 75 gr. yogurt o panna acida)


Prima di tutto tritare il germe di grano col mixer, senza ridurlo in polvere, ma mantenendo una grana grossolana (io non l’ho fatto, perche’ quello che ho acquistato andava gia’ bene cosi’). Mescolare in una ciotola tutti gli ingredienti secchi. Se si usa lo yogurt (o la panna acida), mescolarlo al latticello finche' si ottiene un composto omogeneo.
Versare il latticello sopra il mix di farine e mescolare con delicatezza e non troppo a lungo. E’ sufficiente che il composto sia amalgamato e che si formi una palla, ma non e' necessario lavorarlo energicamente (avete presente la regola dei muffins?). Si puo’ tranquillamente fare a mano, senza impastatrice, perche' questo non ha nulla a che vedere con il pane tradizionale, ma e' piuttosto una sorta di compromesso tra il pane e l'impasto dei muffins o degli scones.
Rovesciare il composto sul piano infarinato, dargli una forma a palla e appiattirlo leggermente per eliminare eventuali bolle all'interno. Cospargere la superficie di farina, trasferire il pane su una teglia rivestita di carta forno e incidere la superficie con due tagli perpendicolari, affondando la lama fino a circa l’80% dello spessore.
Cuocere a 240/250 per 15 minuti, poi abbassare a 230 e continuare la cottura per altri 15 o 20 minuti. Si formera' una bella crosta dorata. Se in corrispondenza dei tagli il pane e' ancora piuttosto pallido, significa che non e’ cotto del tutto. In questo caso, prolungare la cottura per qualche minuto. Far raffreddare su una grata prima di tagliare a fette.
L'Irish Soda Bread andrebbe consumato il giorno stesso. Si puo' conservare in freezer, o in alternativa, tenere qualche giorno in un sacchetto di carta e consumare a fette, dopo averle fatte leggermente tostare.

Marmellata di Prugne, Lamponi e Rosmarino

giovedì 23 luglio 2009
Marmellata di Prugne, Lamponi e Rosmarino

Fino a qualche anno fa, fare le marmellate in casa e piu’ in generale conservare frutta e verdura nei barattoli di vetro mi intimoriva non poco. Ricordo bene quando mia zia faceva bollire la marmellata in un enorme pentolone di acciaio, talmente grande che oggi non passerebbe nemmeno per la porta della mia mini-cucina. Ogni anno verso la fine dell’estate comprava enormi casse di pesche, albicocche e prugne e preparava montagne di barattoli che sarebbero durati fino all’anno successivo. L’intera operazione le portava via almeno due giorni e a me e’ sempre sembrata una faticaccia impossibile. Per non parlare del fatto che non avevo la minima idea di quale fosse il sistema per sterilizzare correttamente i vasi, e temevo che anche se fossi riuscita a fare la marmellata, non sarebbe servito a nulla perche’ poi avrei dovuto fare i conti con batteri e muffe.

Un giorno poi ho avuto un’improvvisa rivelazione: per fare la marmellata non e’ obbligatorio comprare 20 kili di frutta, e una pentola di dimensioni piu’ umane e’ perfetta lo stesso. Anzi, se vogliamo dirla tutta, e’ pure meglio farne una quantita’ ridotta perche’ si ottengono risultati migliori. E’ un po’ la stessa illuminazione che ho avuto con le fettuccine all’uovo. Se uno ci pensa bene, non ci vuole molto a prepararle, ma per anni mi ha frenato il ricordo della nonna che lavorava mezza giornata in cucina solo per tirare la pasta. Ovvio che avendo a pranzo tre generazioni di parenti, la cosa diventava piu’ laboriosa, ma con due misere uova, che fatica e’?

La prima marmellata che ho fatto e’ stata quella di arance, alla maniera inglese, con tutte le bucce dentro. Una vera bonta’. Ed e’ stato amore a prima vista. L’intero procedimento e’ a dir poco meraviglioso, a partire da quando si sceglie la frutta migliore al mercato del sabato fino al profumo che si spande per tutta la casa mentre la marmellata e’ sul fuoco. E’ una sorta di idillio campestre nel mezzo del traffico cittadino. L’unico aspetto negativo e’ che e’ come una droga: non riesco nemmeno a finire di invasarne una che gia’ penso alla prossima combinazione di frutta. Col risultato che adesso, oltre a non sapere piu’ dove infilare i vasetti, ogni tanto mi sveglio credendo di essere Nonna Papera!!

Questa ricetta la devo a Daniela Cuzzocrea del forum di CI, come sempre un vulcano di idee. Ho ridotto un poco lo zucchero, perche' non amando le marmellate troppo dolci cerco comunque di mantenermi sul 30% di zucchero rispetto al peso della frutta. In piu' aggiungo sempre la buccia di una o due mele verdi, da eliminare a fine cottura. Essendo ricche di pectina, fungono da addensante naturale.
Se poi durante la cottura vedo che dopo 20 o 30 minuti la marmellata e’ ancora troppo liquida, un altro barbatrucco e' quello di scolare la frutta e tenerla da parte, facendo restringere il liquido rimasto nella pentola fino alla consistenza desiderata. A questo punto basta ributtare dentro la frutta, una bella mescolata e il gioco e’ fatto. In questo modo e' possibile non far cuocere la marmellata troppo a lungo, evitando di sacrificarne il colore e la consistenza.
E anche oggi la colazione e’ salva : )


Marmellata di Prugne
con Lamponi e Rosmarino


prugne rosse 1,5 kg
lamponi 600 gr.
zucchero 700 gr.
limoni 2
mele verdi (solo la buccia) 3
rosmarino 1 paio di rametti


Lavare le prugne, snocciolarle e tagliarle a pezzi. Metterle in una ciotola capiente insieme ai lamponi, unire zucchero e succo dei limoni e mescolare bene. Coprire con della pellicola e far riposare in frigo almeno per una notte.
Il giorno successivo unire alla frutta la buccia delle mele verdi, mettere tutto in una larga pentola e far cuocere a fuoco lento, schiumando all'occorrenza, fin quando la marmellata raggiunge la consistenza desiderata. Eliminare la buccia delle mele, invasare nei barattoli sterilizzati, chiuderli per bene e farli bollire in una larga pentola piena di acqua per almeno 20 minuti. Spegnere il fuoco e far raffreddare i vasi nella stessa acqua per creare il sottovuoto.

Che Blog Sarebbe Senza Yogurt?

martedì 21 luglio 2009
Yogurt Fai Da Te

Lo so che lo yogurt e’ passato mille volte sui blog di mezzo mondo, con lactobacilli in fermento da qui alla Bielorussia, ma un post mi sentivo in obbligo di farlo pure io.
Lo yogurt e’ sempre stato di casa nel mio frigo, fin da quando sono diventata abbastanza grande per riuscire ad aprire lo sportello e sbirciarci dentro. Durante gli anni dell’universita’, quando gli esami si avvicinavano e tutto ad un tratto ci si trovava costretti a un clamoroso tour de force per recuperare i mesi persi oziando, io e la mia amica Michela ci eravamo abituate a mangiare yogurt con muesli e fette di banana per pranzo o cena. Quando avevamo i minuti contati e le pagine da leggere sembravano invece non finire mai, due cose ci venivano sempre in salvo, la tazzona di caffe' con i biscotti al cioccolato e i vasetti di yogurt al 3x2.
Quando mi sono trasferita negli Stati Uniti, non sono mai riuscita a trovare nulla di simile allo yogurt europeo, nemmeno quando l'etichetta sulla confezione affermava il contrario, seducendomi con l'illusorio European Style. Per mesi ho continuato a cercare e a provare ogni prodotto che vedevo comparire sugli scaffali del supermercato, e ogni volta era una delusione. Finche' ho scoperto il sistema per farmelo da sola.

Il procedimento in se' e' piuttosto semplice, ma il trucco sta nel trovare il modo di mantenere i fermenti alla stessa temperatura per alcune ore, finche' lo yogurt si e' formato. Un po' di ingegno in questo caso non guasta. Io personalmente avvolgo il barattolone in un asciugamano e lo infilo nel forno, acceso al minimo, ma ognuno puo' escogitare il proprio stratagemma, che so, metterlo dentro alla cassapanca o su uno scaffale vicino al termosifone. Ovvio che si puo' sempre barare e acquistare l'apposita caccavella, (a cui, confesso, ho ceduto anche io per qualche mese), ma trovo che farselo da soli in tutto e per tutto dia molta piu' soddisfazione, oltre che essere molto piu' romantico : )
Yogurt fatto in casa? Yes, you can!


Yogurt Fai Da Te
per circa 6 vasetti

latte 1 litro e 1/2
yougurt naturale 3 cucchiai
(questa sara' la vostra madre; la prima volta bisogna usare uno yogurt acquistato, poi si puo' usare lo stesso yogurt che si e' prodotto in casa)


Mettere il latte in una larga pentola e portarlo quasi a bollore. Lasciarlo raffreddare, mescolando ogni tanto, finche' raggiunge una temperatura fra i 40C e i 42C. Ci vorra' circa un'ora e per controllare la temperatura consiglio di usare un termometro per alimenti.
Nel frattempo tirare fuori dal frigo lo yogurt che si usera' come madre e portarlo piu' o meno a temperatura ambiente. Accendere il forno al minimo o preparare il giaciglio che si e' scelto di utilizzare. Mettere 3 cucchiai di yogurt (o 2 per ogni litro di latte) dentro a un grosso barattolo dotato di coperchio (anche il contenitore dovra' essere a temperatura ambiente, per non rischiare di annientare i poveri fermenti con uno shock termico!).
Quando il latte ha raggiunto circa 40-42 gradi, versarne un paio di mestoli nel barattolo con lo yogurt e mescolare bene. Unire tutto il resto del latte, mescolare, chiudere con il coperchio, avvolgere con l'asciugamano e mettere nel forno tiepido per 4 o 5 ore. A questo punto lo yogurt dovrebbe essere pronto (non preoccupatevi, vi assicuro che vi accorgerete subito se i fermenti hanno lavorato oppure no).
Mettere in frigo e lasciare raffreddare. Si puo' consumare cosi' com'e' oppure, se si desidera piu' denso, si puo' far scolare in un colino a maglie fitte.
A me personalmente piace alla maniera greca e lo faccio scolare 2 ore o piu', a seconda. E cosi' denso, se lo servite con un paio di cucchiai di miele e un po' di noci tritate, lo potete anche far passare per un ottimo dessert. : )

La Torta di Compleanno

domenica 19 luglio 2009
Torta Margherita

Da piccola pensavo che il vento fosse opera degli alberi, che tutti insieme decidevano di agitare le fronde per muovere l’aria. Credevo che una volta adulto ti avrebbero affibiato un altro nome, perche’ per me esistevano i nomi da bambino, come il mio o quello dei miei fratelli, e i nomi da grandi, come quello dei miei genitori o dei miei nonni.

A quattro anni non pensavo che si potesse desiderare addirittura un armadio pieno di scarpe, perche’ le uniche che volevo erano un paio di ballerine in vernice nera. Ero convinta che dentro all’orologio della nonna ci fossero due gnomi che giocavano a lanciarsi il pendolo, come in una partita di ping pong, e ogni tanto mi facevano pena perche’ sapevo che erano proprio stanchi. E poi ancora pensavo che al sabato sera fosse d’obbligo la pizza, e credevo che questa qui fosse l’unica torta possibile. Di sicuro per me era la torta piu’ buona del mondo.

La prima volta che l’ho mangiata e’ stata questa, un pomeriggio d’estate di tanti anni fa, quando io e miei fratelli eravamo ancora costretti a portare lo stesso taglio di capelli. Quando diventavano troppo lunghi, la mamma a turno ci infilava una scodella in testa, capovolta, e a colpi di forbici cercava di pareggiare le estremita'.

Adesso che rivedo la torta rivestita di bigne’ alla crema o ricoperta di glassa al cioccolato, mi viene da pensare che entrambe fossero molto piu’ goduriose di questa. Eppure, la versione con panna montata e fette di ananas sciroppato e’ quella che ricordo meglio e a cui sono piu’ affezionata. Forse perche’ io e mio fratello litigavamo sempre per spartirci il succo di ananas rimasto nella lattina, dopo aver leccato a vicenda i rimasugli della crema pasticcera sul mestolo di legno.

Si chiamava Torta Margherita ed era proprio speciale perche’ la mamma la faceva sempre e solo per il nostro compleanno. So per certo che se chiedete ai miei fratelli qual e’ il piatto dell’infanzia che ricordano con maggior salivazione, anche loro metteranno questa torta sul podio, insieme al coniglio con il salame e fegatini e ai cannelloni in bianco della domenica a pranzo.

Qualche anno fa ho ricopiato alcune ricette dal vecchio quaderno di famiglia e me le sono infilate in valigia. Tuttavia, un po’ per pigrizia e un po’ per una specie di timore reverenziale, non ho mai voluto sperimentarne nessuna. Finche’ oggi mi sono decisa, ed e’ davvero il piu’ bel regalo che potessi farmi.


Torta Margherita
per uno stampo di 24 cm di diametro

Per la Base
zucchero 150 gr.
zucchero vanillinato 1 bustina
uova 6
farina 75 gr.
fecola 75 gr.
lievito 1/2 bustina
scorza grattuggiata di un limone
rhum, zucchero e acqua per bagnare


Sbattere a crema a bagnomaria le uova con lo zucchero e lo zucchero vanillinato finche' il composto e' chiaro e compatto. Togiere dal fuoco e continuare a sbattere finche' si raffredda. Incorporare la farina setacciata con la fecola e il lievito e la scorza di limone.
Versare l'impasto nella teglia imburrata e infarinata e cuocere a calore medio (180) per circa 35-40 minuti.
Quando la torta e' fredda (meglio ancora se il giorno dopo), tagliarla in tre strati e bagnarli con un po' di rhum diluito in acqua bollente zuccherata.


Per le Creme
latte 1/2 litro
1 stecca di vaniglia
zucchero 150 gr.
farina 50 gr.
uova 2
tuorli 2
burro 25 gr.
scorza grattuggiata di un limone, cacao

Per Finire
panna fresca 1/2 litro
zucchero a velo 2 cucchiai
ananas a fette 1 barattolo


Far bollire il latte con la stecca di vaniglia, dopo aver raschiato i semini interni. A parte sbattere bene le uova e i tuorli con lo zucchero. Unire la farina setacciata, mescolare bene, versare a filo sopra il latte caldo e cuocere mescolando per 10 minuti circa.
Fare intiepidire, poi unire il burro e mescolare finche' e' amalgamato. Dividere la crema in due e unire a meta' la scorza di limone, e all'altra meta' un paio di cucchiaini di cacao. Farcire la torta con le creme, una per strato, e ricomporla.
Montare la panna con lo zucchero a velo, finche' diventa molto soda, rivestire la torta e decorare con cristalli di zucchero e fette di ananas sciroppato.

Per chi fosse interessato, riporto di seguito la ricetta della glassa al cioccolato, pari pari da come l'ho copiata dal quaderno.


Per la Glassa al Cioccolato
cioccolato fondente 1 tavoletta
olio 1 cucchiaio scarso
acqua


Far fondere il cioccolato tritato con un po' di acqua calda. Unire un filo di olio e mescolare finche' diventa liquido. Far intiepidire, quindi rivestire la torta.
Facile, no? : )

Gli Scones di Tartine Bakery

lunedì 13 luglio 2009
Scones di Tartine Bakery

Da qualche settimana ho ricominciato a correre, sognando New York, il rumore delle migliaia di passi che battono il Ponte di Madison Avenue e le urla della folla stipata a Central Park.

Uno dei miei percorsi mattutini piu’ frequenti, disegnato a tavolino per evitare il piu’ possibile le colline di SF, mi porta attraverso il quartiere della Mission, e piu’ precisamente all’incrocio tra la 18ma Strada e Guerrero. Qui si trova Tartine Bakery, un panificio/pasticceria/caffe’ che e’ in assoluto quanto di meglio si possa trovare in citta’.

Chi mi conosce sa benissimo quanto sia affezionata a questo posto. Sono convinta che il loro croissant al frangipane debba essere classificato tra i 10 motivi per cui vale la pena vivere. Francese negli ingredienti e nella preparazione, ma assolutamente americano nella stazza, credo si aggiri sul ½ kilo, senza scherzi. Quelle – rare – volte che me lo concedo sto male tutto il pomeriggio, eppure non ho mai alcun rimorso da tanto e’ buono.
Una volta frequentavo Tartine piu’ spesso, ma adesso che il locale ha raggiunto una popolarita’ incredibile, bisogna essere veramente ostinati o in crisi di astinenza per essere disposti ad aspettare in coda piu’ di mezz’ora pur di agguantare un croissant.

Uno dei piccoli piaceri quotidiani che ho riscoperto in queste ultime settimane e' correre lungo Guerrero Street e cominciare a sentire quell'inconfondibile profumo di burro e cannella che si spande per due isolati. Non avete idea di quante volte abbia dovuto resistere alla tentazione di fermarmi e andare dritta dritta a ordinare una brioche, cosi’, sudata, affamata e senza scrupoli.

Questi scones all’uvetta sono una valida alternativa al famigerato croissant. Il latticello li rende molto morbidi e la dose di zucchero e’ veramente minima, al punto che uno si illude di mangiare qualcosa di leggero e poco calorico. Basta non fare caso alla quantita’ di burro, davvero imbarazzante. D’altra parte, che scones sarebbero altrimenti? E poi, tutto e’ concesso dopo 10 miglia di corsa, no?

La ricetta viene dal loro libro, Tartine, che ricordo di aver acquistato addirittura il giorno stesso che e’ uscito, da tanto lo aspettavo. Ho letto fra l'altro che fra un po’ ne pubblicheranno un secondo, dedicato al pane, e gia’ mi sono messa in lista di attesa.


Scones all'Uvetta
di Tartine Bakery

per 6 scones

farina 340 gr.
uvetta di Corinto 50 gr.
lievito 1/2 cucchiaino
bicarbonato di sodio la punta di un cucchiaino
zucchero 50 gr.
sale 1 pizzico
burro 130 gr.
latticello 190 ml.
scorza grattuggiata di un limone
burro fuso 3 cucchiai
cristalli di zucchero per finire


Mettere l'uvetta a bagno nell'acqua tiepida per 10 minuti, poi scolarla e asciugarla per bene.
Setacciare la farina con il lievito e il bicarbonato in una larga ciotola, quindi unire zucchero e sale e mescolare bene. Tagliare a cubetti il burro, freddo di frigorifero, e impastarlo leggermente con la farina. E' sufficiente che siano appena mescolati fra loro, l'obiettivo e' di ottenere un impasto granuloso in cui i pezzi di burro siano ancora ben visibili. Unire il latticello, la scorza di limone e l'uvetta, e mescolare leggermente con un mestolo di legno. Continuare a mescolare fino a che si ottiene un impasto compatto. Se sembra troppo secco, unire ancora un po' di latticello, ma fare in modo che i pezzi di burro siano ancora visibili, perche' questo contribuira' a rendere gli scones piu' friabili. Come per i muffin, anche qui il segreto e' di aggiungere gli ingredienti liquidi a quelli solidi tutti in una volta e di non mescolare l'impasto troppo a lungo.
Infarinare leggermente il piano di lavoro, rovesciarvi l'impasto e formare un rettangolo largo circa 10 cm e spesso 3 o 4 cm. Spennellare la superficie con il burro fuso e cospargere con i cristalli di zucchero. Tagliarlo in 6 triangoli piu' o meno della stessa grandezza, disporli su una teglia da forno appositamente imburrata e cuocere a 180/200 per circa 25-35 minuti, fino a quando la superficie e' dorata. Si otterranno degli scones leggermente croccanti all'esterno, ma morbidi e burrosissimi all'interno.
Lasciarli intiepidire su una grata, nel frattempo preparare un tazzone di buon caffe', quindi godersi l'inizio di un'altra splendida giornata : )

Ho dimezzato le dosi rispetto a quelle indicate nel libro. Gli scones danno il meglio di se' se consumati il giorno stesso. Altrimenti, si possono anche congelare e riscaldare in forno al momento di essere serviti.

Chinese Tea Eggs

sabato 11 luglio 2009
Chinese Tea Eggs

Non e' Pasqua e nemmeno il Capodanno Cinese. Ma non potevo certo aspettare tanto prima di provare queste bellissime uova. Dopotutto, ho letto che in Cina si consumano comunemente come semplice snack e ne vengono vendute a milioni ogni giorno, non solo negli alimentari specializzati ma anche nei mercati o dai venditori ambulanti.

Ricordo di averle trovate anche qui, tenute in ammollo dentro a enormi pentoloni in alcuni negozi di Chinatown dove si vende il dim sum. Ma ad essere sinceri, vedere delle uova dal guscio marrone galleggiare liberamente in un liquido nero mi ha sempre fatto un po' paura. E come avrei potuto immaginare che dentro a quell'involucro scuro si celasse una tale meraviglia? Mai giudicare dalle apparenze...

Nonostante tutto, continuavo a pensare a un'occasione speciale per questo piatto cosi' fotogenico. E allora perche' no? Voglio festeggiare cosi' la nascita del mio blog, che compie quasi-circa-piu'-o-meno 1 mese!
Tanti auguri alla creatura e un grazie di cuore a tutti quelli che mi sostengono.


Chinese Tea Eggs

uova 6
salsa di soia 1/2 bicchiere circa
te' nero 2 cucchiai
sale 1 cucchiaino
zucchero 2 cucchiaini
stecca di cannella 1
anice stellato 3
pepe in grani, scorza di arancia, zenzero q.b.


Metterre le uova in una pentola, con una quantita' di acqua sufficiente a coprirle appena. Portare a ebollizione, quindi far cuocere per 3 minuti.
Togliere le uova dalla pentola, conservando l'acqua di cottura, e farle raffreddare velocemente immergendole in una ciotola con dell'acqua fredda.
Rompere il guscio battendolo delicatamente con un coltello. Battere fino a quando l'involucro e' completamente frammentato, ma fare attenzione a non romperlo del tutto. Piu' si riesce a frammentare il guscio, maggiore risultera' l'effetto marmorizzato.
Aggiungere all'acqua di cottura tutti gli altri ingredienti, mescolare e immergervi nuovamente le uova. Portare a bollore, poi abbassare la fiamma e far sobbollire coperto per un tempo variabile da 1 a 3 ore, aggiungendo se necessario dell'acqua, in modo che le uova siano sempre completamente coperte. Piu' a lungo si fanno cuocere, piu' intensi saranno sia il colore che il gusto.
Io ho optato per un compromesso, facendole cuocere per circa un'ora e mezza e poi lasciandole in ammollo nella stessa acqua per tutta la notte.
Ero davvero curiosa di assaggiarle e sono rimasta piacevolmente colpita dal gusto speziato e davvero particolare. Per rimanere in tema, le ho accompagnate con un'insalata di cavolo bianco tagliato a julienne, condita con olio di semi di sesamo tostati, salsa di soia e aceto bianco e cosparsa generosamente con semi di sesamo nero.

Sfumature di Rosso

giovedì 9 luglio 2009
Aceto ai Lamponi

Mia mamma diceva sempre che il rosso mi stava benissimo e da piccola ero sommersa dagli abiti color ciliegia, dalle calze ai dolcevita fino ai fermagli per i capelli.
Forse e’ per questo motivo che ancora oggi mi innamoro all’istante di tutto cio’ che ha solo un velato accenno di rosa o rosso. Fragole, lamponi e ciliegie. Ma anche i cranberries, la Red Velvet Cake, le stelle di Natale e la 500 tutta scassata che gira per le strade di San Francisco con la targa California. Fino ad arrivare alla Neverfull con le rose e al mini pc disegnato da Vivienne Tam (queste due ultime lussurie sono una recentissima scoperta che mi ha segnalato un’amica tentatrice. Ancora devo convincermi che e’ possibile vivere senza... : )

L’aceto ai lamponi qui si trova molto spesso come condimento per le insalate e sinceramente lo preferisco mille volte a qualunque altro tipo di dressing cremoso e dai colori ambigui. Colore stupendo e gusto dolciastro che si abbina molto bene sia a una semplice insalatina con rucola, sia a creazioni piu’ sfiziose come il mix feta e anguria, o le insalate arricchite da noci caramellate e formaggio di capra.

Quando ho realizzato che fare questo aceto da soli e’ semplicissimo, non ci ho pensato due volte. Le ricette-non-ricette mi piacciono troppo. Anzi adesso che ci penso faccio pure una categoria a parte. Ricetta-non-ricetta: minima fatica, massima soddisfazione : )
E poi, non vi fa impazzire quel colore?


Aceto ai Lamponi
per circa 1 litro

aceto di vino bianco 1 litro
lamponi 2 vaschette
grani di pepe rosa o nero q.b.


Scegliere lamponi maturi ma sodi, lavarli delicatamente e asciugarli per bene. Mescolarli all'aceto insieme a qualche grano di pepe, se vi piace. Invasare e lasciare riposare per un mese in un luogo fresco. Ogni 3 o 4 giorni, agitare la bottiglia in modo da rimescolare la frutta.
Quando e' pronto, filtrare, eliminare i lamponi e imbottigliare.

Gnocchi di Ricotta al Profumo di Arancia

martedì 7 luglio 2009
Gnocchi di Ricotta al Profumo di Arancia

Datemi un formaggio fresco e mi fate contenta. Ricotta, crescenza, mozzarella, stracchino, mi piace tutto quello che e' bianco, morbido e cremoso.
Da piccola il frigo di casa mia era sempre pieno di formaggi stagionati, stagionatISSIMI, di quelli dal sapore forte, molto grassi e...come dire...molto odorosi. Io invece spesso sognavo di attraversare un fiume di latte a bordo di una mozzarella, figuriamoci! Oppure di vagare per il cielo sopra una nuvola soffice, come Heidi, solo che la mia nuovola era fatta di crescenza e poggiava su una fetta di pane.

Mi piacciono questi gnocchi proprio perche' sono molto delicati. E poi ci si mette veramente poco a farli, sono facilissimi e l'impasto non attacca, evitando di farci spargere farina dappertutto. Ma la cosa meravigliosa e' che riescono sempre, sono gnocchi con il bollino di garanzia. A differenza di quelli di patate, che ormai non so piu' quante volte si sono trasformati in piccoli mattoni oppure, ancora peggio, si sono dissolti come per magia appena tuffati nell'acqua bollente.
Questi qui invece non ti tradiscono mai. Satisfaction guaranteed!


Gnocchi di Ricotta
al Profumo di Arancia

per 4 persone

ricotta fresca 500 gr.
tuorli 2
parmigiano grattuggiato 3-4 cucchiai
farina q.b.
arance piccole 2
burro, sale, noce moscata, salvia, ricotta salata per spolverare


Il giorno prima mettere la ricotta a scolare sopra un passino a maglie strette o avvolgendola in un telo.
Quando e' bella compatta, metterla in una ciotola, unire i tuorli, un po' di sale, la scorza grattuggiata delle arance, noce moscata e parmigiano a piacere. Mescolare bene, poi iniziare a impastare con la farina, aggiungendone una quantita' sufficiente per ottenere un impasto sodo. Fare una prova cuocendo un paio di gnocchi nell'acqua bollente per vedere se reggono. Eventualmente, unire ancora un po' di farina.
Formare dei salamini, tagliare gli gnocchi e rigarli con la forchetta o con l'apposita caccavella.
Tuffarli nell'acqua bollente e scolarli appena vengono a galla.
Condire con burro fuso e salvia e spolverare con della ricotta affumicata.

Crostata 4 Luglio

sabato 4 luglio 2009
Crostata ai frutti di Bosco

La prima volta che venni negli Stati Uniti avevo 12 anni, era estate e fui per un mese ospite di una famiglia di Detroit. Li' trascorsi il mio primo 4 Luglio, pare fossimo su una barca a guardare i fuochi d'artificio, anche se io ricordo solo di essere stata malissimo perche' avevo fatto indigestione di popcorn al burro e caramello.

Quando qualche settimana fa mi hanno invitato a un barbecue per la Festa dell'Indipendenza, non riuscivo a decidere cosa portare. Tutto quello che mi veniva in mente erano grandi vasi colorati, traboccanti di popcorn bianchi, rossi e blu.

Ieri finalmente mi e' venuta come una folgorazione, sono corsa a comprare gli ingredienti, e anche se mi e' capitato di tutto durante i lavori in corso (ho dimenticato il latte sul fuoco mentre facevo la crema pasticcera, il mixer elettrico si e' fuso come per ripicca, la corrente ha deciso di andare in tilt proprio quando la crostata era in forno), alla fine ce l'ho fatta e sono riuscita a scacciare i popcorn dai miei fantasmi.
Happy Fourth of July!


Crostata ai Frutti di Bosco
con Crema Frangipane

per uno stampo di 24 cm di diametro

Per la Frolla
farina 250 gr.
zucchero 100 gr.
burro 100 gr.
uova 1
lievito 1/2 bustina
un pizzico di sale


La pasta frolla ormai la faccio sempre con la ricetta delle Simili. E anche stavolta che ho voluto provare la versione morbida, piu' adatta a essere usata come base per torte alla crema e frutta, non mi hanno tradito.
Mescolare la farina con il lievito e setacciarli sulla tavola. Togliere il burro dal frigo, tagliarlo a piccoli pezzi e sfregarlo fra le dita con la farina, finche' si ottiene un composto a grandi briciole.
Fare una fontana in mezzo e mettere zucchero, uova e sale. Sbattere leggermente questi ingredienti con la forchetta, poi cominciare ad amalgamarli con la farina, aiutandosi con una spatola. Lavorare l'impasto finche' e' omogeneo e compatto, cercando di fare in fretta per non farlo scaldare troppo. Avvolgerlo nella pellicola e farlo riposare in frigo almeno un paio di ore prima di usarlo.



Per la Crema Frangipane
burro 80 gr.
zucchero 100 gr.
farina di mandorle 100 gr.
uova 2
farina 40 gr.
aroma di mandorle 1 fialetta


Montare le uova con lo zucchero finche' gonfie e spumose, aggiungere il burro a pezzetti e continuare a sbattere energicamente. Unire farina, farina di mandorle e aroma e mescolare finche' si ottiene un compsoto omogeneo. Tenere in frigo la crema fino al momento di utilizzarla.



Per la Crema Pasticcera
(Ricetta di Pierre Hermé)
latte 500 gr.
tuorli 4
zucchero 75 gr.
amido di mais 3 cucchiai
mezza stecca di vaniglia


Scaldare il latte con la stecca di vaniglia, dopo averla aperta a meta' e aver raschiato i semini interni. Spegnere e lasciare in infusione per almeno mezz'ora. Al momento di utilizzarlo, riportarlo al punto di ebollizione.
Nel frattempo sbattere a schiuma i tuorli con lo zucchero e l'amido di mais. Stemperare le uova con un paio di cucchiai di latte bollente, mescolando velocemente con la frusta per non farle rapprendere. Unire il resto del latte a filo, continuando a mescolare. Filtrare il composto nella pentola in modo da eliminare eventuali grumi, rimettere la crema su fuoco medio e continuare a mescolare fino a che raggiunge il bollore. A quel punto, sempre mescolando, calcolare circa 2 minuti di cottura, poi spegnere e farla raffreddare velocemente adagiando la pentola su un letto di ghiaccio e continuando a mescolare con la frusta. Ci vorranno 5-6 minuti. Coprire con la pellicola e lasciare la crema in frigo fino al momento di utilizarla.



Per Finire
frutti di bosco misti (fragole, more, mirtilli, lamponi)
marmellata di albicocche, zucchero a velo


Per la cottura, stendere la frolla nella teglia, coprire il guscio con un foglio di carta forno su cui disporre gli appositi pesi (o dei legumi secchi), in modo che la pasta non si gonfi troppo. Far cuocere a 175 per 15 minuti, togliere i pesi e rivestire con uno strato abbondante di crema frangipane. Rimettere in forno e cuocere per altri 30 minuti circa, finche' la frolla e la crema diventano di un bel colore dorato.
Far raffreddare completamente, quindi rivestire con uno strato di crema pasticcera e adagiarvi sopra i frutti di bosco, formando dei cerchi concentrici.
In un pentolino, scaldare un po' di marmellata di albicocche con un paio di cucchiai di acqua. Con l'aiuto di un pennellino, lucidare la frutta con la marmellata ancora calda. Per finire, cospargere leggermente la crostata con dello zucchero a velo.

Insalata di Avocado, Mango e Gamberi

mercoledì 1 luglio 2009
Insalata di Avocado, Mango e Gamberi

Quanto e’ buono l’avocado. Io lo metto senza dubbio tra i migliori contributi della California alla civilta’ moderna, insieme alla Apple, ai Levi’s e a Brad Pitt. Poco importa che ne’ Brad Pitt ne’ l’avocado siano originari di qui, sono sottigliezze. La California detiene l’80% del mercato USA nella produzione di avocado e i frutti qui prodotti sono disponibili 12 mesi all’anno. Troppo bello! Quanto a Brad Pitt, devo aggiungere qualcosa?

Girovagando qua e la’ per la rete, ho scoperto che il nome si deve agli esploratori spagnoli che si avventurarono in Centro America,. Non essendo capaci di pronunciare la parola azteca, ahuacatl, lo chiamarono aguacate, da cui poi avrebbe avuto origine la parola guacamole. La cosa piu’ curiosa e’ che l’azteco ahuacatl voleva dire testicolo, e il frutto sarebbe stato chiamato cosi’ per la sua forma....!!??!!? Direi...discutiamone!

Anche il mango, disponibile sui banchi del fruttivendolo tutto l’anno, e’ una delle cose per cui riesco a perdonare a questa parte del mondo il fatto di non avere una pizza decente e di aver inventato salad dressing di colore rosa pastello.
Il mango e’ buonissimo da solo, ma lo adoro anche nei piatti salati. Sta benissimo in un sandwich con il pollo, e’ ottimo se usato per fare la salsa (intesa alla messicana), e anche accompagnato a certi pesci o crostacei.

Avocado e mango insieme poi, sono una goduria. Sara’ per la forma molto simile, per il fatto che entrambi i frutti hanno un grande nocciolo all’interno, per il colore pastello, non so, ma secondo me sono proprio fatti l’uno per l’altro. Quasi come me e Brad Pitt, insomma....


Insalata di Mango, Avocado & Gamberi
per 4 persone

avocado maturo 2
mango 1
gamberi 8
lime 2
cipollotti 2-3
sale, pepe, olio di oliva, coriandolo fresco


Pulire i gamberi, staccando le teste ed estraendoli dal loro involucro. Eliminare il filo nero, ma lasciare intatta la coda. Oppure, fate come me e acquistateli gia' puliti ; ) Cuocerli a vapore per alcuni minuti finche' raggiungono un bel colore rosato. Raffreddarli disponendoli sopra del ghiaccio e tenerli da parte.
Pelare il mango e tagliarlo a dadini. Tagliare gli avocado a meta', eliminare il nocciolo e scavare l'interno, lasciando pero' un po' di polpa attaccata ai bordi della buccia. Tagliare il resto a dadini, unirli al mango insieme ai gamberi e condire con il succo dei lime, i cipollotti tagliati a rondelle, sale, pepe e olio a piacere. Disporre l'insalata nei gusci di avocado tenuti da parte, cospargere di coriandolo tritato e servire subito.