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Torta (Vegan) di Mele e Farina di Mais

sabato 27 aprile 2013
Torta Vegan di Mele e Farina di Mais

Cosa resta da dire sulla torta di mele? Ha senso parlarne ancora e sfornare l'ennesima versione diversa e sempre uguale, quando in suo onore si sono già spese pagine e pagine di blogosfera, e a sua perpetua memoria si sono già svuotati vagoni interi di elogi cibernetici? Serve a qualcosa, dopo anni di onorati inzuppamenti, ricordare che lei non solo resiste ancora, stoica e odorosa contessa del tè delle cinque, morbida regina del caffelatte a colazione, ma vince addirittura a pieni voti la sfida contro i sofismi da merenda moderna grazie alla sua commovente e incrollabile semplicità?
La risposta credo sia tutta qui, nel profumo sincero e molle che mi ha invaso lo sgabuzzino la cucina mentre cercavo disperata di trovare una giustificazione e un senso a questo post.
Mi accorgo così che la torta di mele non ha bisogno di giustificazioni, che vi piaccia o no è come un album dei ricordi sempre bello da sfogliare e sempre pronto ad accogliere una pagina in più. Ognuno ha il suo, con le sue storie personali, le sue nonne e i suoi pomeriggi d'estate, ma quando guardi le foto di gruppo con i compagni di classe, le istantanee fatte a sei anni o i ritratti di volti abbronzati e leggeri sotto al cielo d'agosto, come per magia, negli sguardi, nelle pose e nei sorrisi, ritrovi le stesse certezze cariche di domande, un'unica illusione a lampeggiare ignara dentro agli occhi.
La torta di mele parla un dialetto universale, che sia vegan, à la mode o American pie, con il suo aspetto da cartolina vintage e il suo profumo accogliente e caldo, raduna geografie e generazioni dentro alla stessa ampolla di pace, avvolge il cuore e la mente della stessa tiepida illusione e sincera.
Non ci sarà mai fine alle torte di mele; come dei pensieri di senso compiuto che però si arricchiscono a vicenda, si susseguiranno una dopo l'altra eternamente separate dal punto e virgola. Dopo una torta di mele non ci può stare il punto fermo, meno che meno il punto e a capo, la torta di mele è come la primavera che ritorna sempre nuova a scaldarti le budella anche se ci lasci un rigo vuoto in mezzo.
E allora anche questa mia di fine aprile, senza scuse e senza perché, è semplicemente un'altra delle torte di mele col punto e virgola in fondo, diversa ma per fortuna un po' uguale a prima, e va ad aggiungersi alla lista, alla fine del pensiero che continua, un'altra pagina non più bianca nell'album dei ricordi universali.

Ingredients


Torta di Mele Vegan
con Farina di Mais e Olio di Oliva

per uno stampo di 24cm di diametro
farina 00 250 gr
farina di mais fioretto 180 gr
maizena 70 gr
zucchero 200 gr
sale 1 pizzico
yogurt di soia 300 gr
olio di oliva 170 gr
limone 1
lievito per dolci 16 gr (1 bustina)
uvetta 80 gr
latte di riso (o soia, o avena) 1/2 bicchiere ca.
mela 1
zucchero di canna, cannella, zucchero a velo q.b.


Apples

Mettere a bagno l'uvetta nel latte per qualche minuto, scolarla e tenere da parte. Sbattere lo yogurt con lo zucchero, un pizzico di sale e la scorza grattuggiata del limone finché non ci sono più grumi. Unire gradatamente le farine mescolate e setacciate insieme a lievito e maizena, alternando l'aggiunta dell'olio di oliva e di una quantità di latte sufficiente a ottenere un impasto soffice ma consistente quanto basta per staccarsi pesantemente dal mestolo. Unire l'uvetta e mescolare. Sbucciare la mela, tagliarla a fette sottili e bagnarle col succo di limone. Rovesciare l'impasto nella teglia unta e infarinata, ricoprire con le fette di mela disposte a raggiera, e spolverare leggermente con zucchero di canna mescolato a un poco di cannella.
Cuocere a 180 per circa un'ora, o fino a quando uno stecchino infilzato nel mezzo esce pulito. Lasciare raffreddare, quindi spolverare la superficie di zucchero a velo.


Cake Accessories


Agua Fresca alle Fragole

martedì 9 aprile 2013
Strawberry Agua Fresca


la gente
i suoi sguardi
il profumo del mare
ho bisogno dei fiori e dell'erba
del grano, del sole.
zucchero e fragole
luna, vento, lettere e colori.
ho bisogno delle idee
delle parole
del suono dei sorrisi,
di condividere una notte
o dipingere l'inverno,
ho bisogno dell'amore fraterno
del vino del latte e del sale.
la sento scoppiare da dentro
questa voglia, miraggio di vita
mi soffoca e disseta
brucia
mi consola
~ Anonimo al muro, Fragole in Inverno


Strawberries

Agua Fresca alle Fragole
per 4 persone

fragole, al netto 600 gr
acqua 750 ml ca.
lime 2
zucchero 3-4 cucchiai

Lavare le fragole, eliminare il picciolo e frullarle bene finché sono ridotte a purea. Passarle attraverso un colino a maglie fitte e scartare i semi. Aggiungere l'acqua, il succo dei lime e lo zucchero, e mescolare bene fino a quando lo zucchero si è completamente sciolto. A piacere, unire qualche foglia di menta fresca o basilico. Servire la bevanda fredda, possibilmente nel mezzo di una giornata di sole.

Vintage Straws and Colander

Ricciarelli (Vegan)

giovedì 4 aprile 2013
Ricciarelli Vegan

Ci sono delle cose che a pensarle ti si frolla il cervello, il cuore lievita come un bignè, e le ginocchia iniziano a sfogliare come neanche l'impasto dei croissant.
A me almeno succede così quando ad esempio mi concentro sul cielo infinito sopra di noi, quando vedo le stelle che sembrano in diretta streaming e invece penso che non ci sono più e la luce l'avevano sparata milioni di anni fa. Cosa sono questi milioni di anni fa? Come fa la nostra mente a concepire una grandezza del genere senza che i neuroni si spacchino a metà come pistacchi?
L'infinito del tempo e dello spazio, come si fa a digerirlo? Se mi concentro fissa su questo pensiero, se lo arrotolo dentro a una sfoglia e lo mando giù a morsi, mi sento un po' svenire. Mi gira la testa proprio come se avessi mangiato troppa liquirizia, o succhiato tutti i mirtilli dentro alla grappa, mi sento il concetto dentro che fa fatica ad andare giù, ingombrante e raggrumato come le lasagne al ragù di vostra cognata. Però al tempo stesso quella sensazione di smarrimento provocata da un'idea più vasta di noi, quel senso di ubriachezza e anche un po' di indigestione, a masticarli per un po', stranamente prendono un sapore dolce, sereno e rassicurante come la primavera sul Mar Tirreno; a tastare la lingua certi pensieri non fanno più paura, e sembrano piuttosto uno di quei cocktail zuccherini e un poco alcolici, di quelli con la fetta d'arancia dentro, capaci di disinibire il cuore e aprire la strada a tutte le possibilità.
Lo stesso groviglio denso e caramellato mi spunta dentro se penso a dove è che nascono le idee, la musica, un dipinto; come è possibile ad esempio che sto scrivendo tutto questo impiastro di parole quando un minuto fa non esisteva; se provo a immaginare dove è che alloggiano le cose prima che noi diamo loro una forma concreta e godereccia; se penso a quanta musica, quanti film, canzoni o passi di danza, quante poesie e quanti libri non sono ancora stati scritti, e se ne stanno lì buoni buoni ad aspettare che qualcuno li inventi, galleggiando sopra di noi nello spazio infinito.
Oppure quando penso a quelle divisioni che danno per risultato tre periodico, un numero infinito che si ripete ogni volta più piccolo ma per sempre; mi viene da dire che certe cose evidentemente non le puoi proprio dividere, come le stelle filanti dai rami dell'albero di Natale, il lecca-lecca dal suo manico di legno, o due innamorati che si pensano fra loro, sparandosi energia collante dall'Alaska a Marrakesh, e che anche quando dicono ormai di non amarsi più, si porteranno sempre dentro quell'atomo di eterno condiviso.
Se penso al Π (pigreco) poi, mi sembra che tutta la mozzarella del mondo mi si sciolga dentro, fondendo per sempre ma senza raggrumarsi mai. Io non l'ho mai capito davvero il pigreco, già alle medie mi causava un pericoloso mancamento. Ma Luca matematico qualunque un giorno mi spiegò che dentro al pigreco, ovvero sia dentro all'area di un cerchio perfetto come una bolla di sapone, pare siano contenute tutte le serie di numeri possibili. Tutte. Il che vuol dire che dentro a un Π ci starebbero le sequenze dei DNA di tutto il mondo, quelle di ieri, di oggi e di domani, da Napoleone a Totò a Irene Pivetti; e che dentro allo stesso Π ci starebbero anche tutti i codici binari dell'universo, inclusi quelli di un'immagine in jpeg raffigurante me stessa che sposo Johnny Depp, o Angelina Jolie che viene a farsi un panino imbottito al bar del Corso. In parole povere, tutto il possibile potrebbe essere racchiuso dentro a una cosa tonda come la pizza margherita. Ditemi voi se non è roba da pazzi questa.

Scusate ho divagato, io ero venuta qui solo per presentare i miei ricciarelli vegani, ma certe cose mi prendono per le caviglie, ed è più forte di me. Non è colpa mia se questi pensieri mi saltavano per la testa proprio stamattina, mentre dal caldo del forno i suddetti biscotti sparpagliavano per casa il loro aroma mandorlosamente inebriante. Mi hanno come narcotizzata e così ho iniziato a pensare. Ho pensato alla rotondità del mondo, alle cose che girano, che vanno e che tornano, ho pensato alle coincidenze e al destino che infilano un vestito a pois o un pellicciotto rosa dentro a una vetrina, e noi ci avviciniamo a guardare perché ci piacciono proprio i vestiti a pois e i pellicciotti rosa ed è in quel momento che uno sconosciuto ci chiede dove è la stazione del tram, e poi e poi le cose succedono perché dovevano succedere esattamente così, per colpa di un vestito a pois. E ho pensato che i ricciarelli io li avevo assaggiati solo da bambina, proprio a Siena, quando facevamo tappa di ritorno dal mare, girando l'Italia su un maggiolino tutto scassato, in compagnia di un gatto, un cocker spaniel e un mangianastri. E poi bum, i ricciarelli li ho dimenticati in fondo alla testa, come a volte si dimenticano tutte le cose belle che ci sono successe, perché coperte e un po' schiacciate dalla fretta degli altri pensieri.
E poi sono venuta in California e io ai ricciarelli mica ci pensavo l'altro giorno quando sono andata a prendere il pane giù nella Mission, io pensavo farò un gazpacho e mi serve del pane da tagliare a cubetti perché un gazpacho senza i cubetti tostati che navigano dentro non è mica tanto bello... e invece eccoli là, tutti in fila, bianchi, inzuccherati e bellissimi, profumati e pieni di crepe proprio come li avevo salutati l'ultima volta dentro alla mia memoria. Questo - pensavo stamattina a fine cottura - deve essere stato proprio l'effetto della rotondità del mondo, le cose che girano e girano per tornare sempre a noi, uguali a prima ma un po' diverse. E il ricciarello vegano invece - riflettevo stamattina al momento del caffé - deve essere proprio causato dal pigreco, non c'è dubbio. Dentro alla rotondità perfetta del pigreco tutto è contenuto e tutto è possibile, io che divento una Mrs Depp e questo biscotto che si trasforma in un ricciarello vegano. Allo stesso modo, il Π mi fa pensare che magari fra decine, centinaia di anni il Neo-Ricciarellismo di stampo vegan sarà l'unica filosofia possibile, alla base di un mondo dolciario diverso, più giusto, più tenero e molliccio.
Perché, modestia a parte, questi biscotti spaccano come la dinamite. Spaccano e inteneriscono. E credo proprio che alla prova dell'assaggio bendato, i neo-ricciarelli riuscirebbero a ingannare anche Dante, Topolino, Del Piero e Gesù. Perché tutto è possibile, dentro a questo Π infinito della pizza margherita.


Making Ricciarelli

Ricciarelli (Vegan)
per circa 16 biscotti

farina di mandorle 300 gr
zucchero semolato finissimo 250 gr
zucchero a velo 100 gr
arance 2
lievito per dolci 1 cucchiaino abbondante
fecola di patate 2 cucchiaini
amido di tapioca 1 cucchiaino
acqua 2 cucchiai
estratto di mandorla 2 cucchiaini
zucchero a velo per spolverare q.b.


Knives and Sifter

In una larga ciotola, mescolare farina di mandorle, zucchero semolato e zucchero a velo. Unire la scorza grattuggiata delle arance e il lievito e mescolare bene.
A parte mescolare fecola, amido e acqua e montare leggermente (nota vegan: questo composto serve a sostituire le chiare d'uovo che andrebbero nella ricetta "normalizzata"). Unire il composto al mix di farina e zucchero insieme all'estratto di mandorla, e lavorare come si fa con la pasta frolla, fino ad ottenere una palla omogenea e compatta.
Formare con l'impasto delle losanghe lunghe circa 6/7 cm e spesse 1, rotolarle nello zucchero a velo, quindi disporle su una teglia rivestita di carta forno.
Lasciar riposare i biscotti per circa 12 ore, quindi cuocerli a 140 per circa 25/30 minuti fino a quando sono leggermente dorati. Sulla superficie si formeranno delle crepe, e i ricciarelli, anche quelli vegan, saranno croccanti fuori ma mandorlosissimamente morbidi all'interno.


Ingredienti


Granola

martedì 2 aprile 2013
Granola

Noi corriamo sempre in una direzione
ma quale sia e che senso abbia chi lo sa...

~ Francesco Guccini, Incontro

Mi chiamo L., ma per gli amici sono LupoCheCorre.
Ho iniziato per caso un pomeriggio d'estate, avevo dodici anni non ancora compiuti e la pelle coperta di rugiada. Alle sei e trenta di una domenica di luglio, ho preso a calci la porta e ho iniziato a seguire la direzione del vento. Mi sono trovata quel giorno per strade deserte e sentieri umidi di lacrime e pioggia, attraversando il rosa del cielo al tramonto e il profumo dell'erba appena colta. Io correvo appresso ai sogni e alle nuvole per sfuggire alle offese, e cercavo riparo contro la paura di essere e quella mia rabbia quasi adolescente.
Ho corso poi dopo per un tempo che sembrava infinito, in mezzo a baci furtivi e colpevoli, domeniche consacrate alla festa e amicizie esclusive giurate per sempre. Ho corso per noia, per futilità e per vergogna, inseguendo un odore di rivolta che non ci apparteneva più.
Ho corso attraverso i vent'anni, nel cuore portavo un unico ricordo sempre troppo vicino, e in testa eterne fantasie di libertà. Ho corso sulle note di un violino stonato e sui versi di poesie recitate alla luna, fantasticando su un futuro romantico che corrispondesse alla mia realtà.
Ho corso da sola e di notte per fuggire ai fantasmi e agli specchi; io, che mai nessuno aveva visto far tardi, confondevo e mischiavo così buio ed aurora. Ho corso sul ghiaccio d'inverno per mascherare quel freddo che saliva da dentro, e dalle labbra gelate soffiavo via l'insicurezza e l'orgoglio. Ho corso per dimenticare, seppellire e perdonare; ho corso per riscatto, devozione e rinuncia.
Un giorno poi ho corso per 26 miglia filate, con i polpacci rigidi di fatica e la mente impaurita dal muro e dal cemento. Ho corso da sola insieme a mille persone, quindici anni in pochi passi attraverso un pugno di quartieri, e quel giorno al traguardo ho trovato me stessa.

Diario di un(a) maratoneta per finta
New York, 7 novembre 2004


Granola Tray

Granola
per 8 persone

fiocchi d'avena 300 gr
mandorle a lamelle 100 gr
noci pecan (o noci, nocciole, anacardi) 100 gr
cocco disidratato 80 gr
zucchero di canna 60 gr
sciroppo d'acero 110 gr
olio vegetale leggero 40 gr
sale 1 cucchiaino raso
uvetta 125 gr


Granola


Tritare grossolanamente le noci pecan. Mescolarle ad avena, mandorle, cocco e zucchero. In una ciotola a parte, mescolare sciroppo d'acero, olio e sale. Versare gli ingredienti umidi sopra il composto di noci, e mescolare bene.
Disporre la granola su due teglie e cuocere a 120 per circa 1 ora e 15 minuti, mescolando spesso in modo che assuma un colore uniforme. Far raffreddare, poi unire l’uvetta.
Si conserva per settimane in un contenitore ermetico e si consuma come il muesli, con latte o yogurt, o sulla frutta.


Granola

La granola è energia croccante. Di primo mattino mette le ali ai piedi.
Parola di un lupo che corre.
w.v.<3