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Zuppa di Ceci con Spinaci e Zafferano

sabato 26 dicembre 2009
Zuppa di Ceci, Spinaci e Zafferano

Una zuppetta facile facile per disintossicarsi dai vari arrosti, capponi, tortellini, agnolotti, anatre all'arancia, salumi nostrani, pate', insalate russe, panettoni, vol-au-vent, cioccolatini, torroni e fichi secchi.
Anche una corsetta non ci sta niente male, pero'...


Zuppa di Ceci
con Spinaci e Zafferano

per 4

ceci secchi 200 gr. circa
aglio 2 spicchi
cipolla 1 piccola
dado vegetale 1/2
sale, pepe, olio di oliva, zafferano q.b.
spinaci freschi 1 bella manciata


La sera prima mettere i ceci a bagno in abbondante acqua. Il giorno dopo, scolarli, metterli in una grossa pentola e farli cuocere a fuoco medio basso coperti di acqua, finche' sono teneri. Mescolare ogni tanto e se necessario aggiungere altra acqua. A seconda dei ceci e di quanto sono rimasti in ammollo, ci vorranno da una a due ore circa. In una pentola a parte far soffriggere la cipolla tritata e gli spicchi di aglio in un paio di cucchiai di olio. Aggiungere i ceci e la loro acqua di cottura, alcuni pistilli di zafferano, 1/2 dado vegetale (facoltativo), sale e pepe. Fare insaporire per altri 15-20 minuti. Se si vuole una zuppa un po' piu' leggera, evitare il soffritto e unire gli spicchi di aglio, il dado e lo zafferano direttamente nella pentola con i ceci e la loro acqua.
Lavare gli spinaci ed eliminare i gambi. Spezzettare le foglie e aggiungerle alla zuppa a fine cottura, in modo che si cuociano leggermente. Mescolare bene e servire con un giro di olio e una spolverata di pepe nero macinato fresco.
Yum....

Nutella Nutellae

mercoledì 23 dicembre 2009
Nutella Fatta in Casa

Nutella omnia divisa est in partes tres:
Unum: Nutella in vaschetta plasticae.
Duum: Nutella in viteris bicchieribus custodita.
Treum: Nutella sita in magno barattolo (magno barattolo sì, sed melium est si magno Nutella IN barattolo).

(Caius Julius Ferrerus, ah no, scusate, R. Cassini, Nutella Nutellae)

Come erano belli i vecchi tempi, quando il mondo si divideva in due, di qua la Nutella, di la' il Ciao Crem. Ed era cosi' facile scegliere. Sia chiaro, il Ciao Crem ha tutto il mio rispetto, in fondo ce l'ha messa tutta cercando disperatamente di differenziarsi con due gusti di colore diverso, nocciola e cioccolato, insieme nello stesso barattolo. Ma nonostante Due Gusti: Due Baci, la Nutella e' rimasta sempre la regina indiscussa della merenda, prima promettendo energia per fare e per pensare con i suoi presunti ingredienti semplici e genuini; poi allietando i Nutella Rave Party dell'adolescenza quando, spalmata su maxi fette di baguette, veniva portata in trionfo in giro per il condominio; e infine arrivando confezionata in bicchieri di vetro riutilizzabili, che finivano con l'accumularsi senza vergogna a perpetuo ricordo della nostra dipendenza.

A casa mia esisteva perfino il barattolo da 10 kili, messo li' sullo scaffale davanti a tutti. Era la Nutella Sociale, chi entrava non poteva resistere alla sua chiamata. Saranno state le dimensioni spropositate del vaso, o la scritta NUTELLA in formato extra large, non so, sta di fatto che questa maxi confezione richiamava alla mente istinti primordiali e tutti prima o poi dovevano provare il brivido di affondare il cucchiaio (quando non era un mestolo) in un mare magno di Nutella di cui non si riusciva a vedere il fondo.

Quella che segue e' la versione casalinga della famigerata crema. Non sara' Nutella, ma ci siamo vicini. In fondo, se ci ha provato perfino il Ciao Crem...
Passate il pane, per favore. O magari la fetta di panettone, dato che siamo in periodo natalizio. Pero' attenzione, non garantisco sugli effetti collaterali.


Crema alle Nocciole e Cioccolato
(senza modestia, potremmo anche dire Simil Nutella)
per due vasetti medi

nocciole 130 gr.
cioccolato al latte 200 gr.
zucchero 120 gr.
latte parzialmente scremato 150 ml.
olio di semi 90 ml.


Per la ricetta mi sono basata su quella di Elena di Giovanni, passata tante volte sul forum di CI, e rifatta anche dalla mitica Paoletta, qui. Pero' ho usato cioccolato al latte invece che fondente, per ottenere un risultato piu' vicino all'originale, anche se magari meno soddisfacente per i puristi del cioccolato. E ho modificato le dosi di conseguenza (in sostanza, piu' nocciole e meno zucchero).

Tostare le nocciole in forno, lasciarle intiepidire, quindi eliminare la pellicina che le ricopre. Metterle nel mixer insieme a un po' di zucchero (preso dalla quantita' totale) e frullarle fino ad ottenere una polvere. Spezzettare il cioccolato. Versare tutti gli ingredienti in una pentola col fondo pesante, e metterla sul fuoco a fiamma bassa, facendo in modo che la crema non si scaldi troppo. Appena il cioccolato si e' fuso, dare un giro con il frullatore a immersione, per cercare di polverizzare il piu' possibile la granella di nocciole.
Tenere sul fuoco per altri 3 o 4 minuti, mescolando sempre, finche' la crema risulta omogenea. Versare la Simil Nutella ancora calda nei vasetti, e lasciarla raffreddare completamente prima di chiuderli.

Uova Salate Filippine

sabato 12 dicembre 2009
Uova Salate Filippine

Ohibo'! Guardate qui che ho trovato stamattina al mercato. Non so voi, ma io queste uova futuriste non le avevo mai viste prima.
Passeggiavo tranquillamente tra i soliti kiwi, i cavolfiori, le patate e l'uva, quando all'improvviso ho intravisto qualcosa di rosa spuntare fra le bancarelle. Rosa??? Qualunque cosa sia, deve essere mia!
Mi hanno poi spiegato che sono delle uova di anatra salate, tipiche delle Filippine, dove vengono spesso servite per strada da venditori ambulanti. Per prepararle, si immergono per alcune settimane in una soluzione di acqua e abbondante sale, quindi si fanno bollire con l'aggiunta di colorante rosso in modo da poterle poi distingure dalle uova normali.
Non so ancora bene come utilizzarle, ma intanto una cosa e' sicura: ora quando apro il frigo le arance mi sembrano tutto a un tratto pallide, il melograno sbiadito, le mele slavate.
Help!

Il Pane di Hide

mercoledì 9 dicembre 2009
Pane di Hide

Ho deciso. I miei prossimi 42 km saranno a Big Sur. Lo scrivo qui perche' in questo modo mi sento obbligata a mantenere la promessa ed evito che mi vengano strane idee, tipo quella di tirarmi indietro all'ultimo minuto. Qualcuno dice che sia una delle piu' belle maratone degli Stati Uniti, non famosa come New York o Boston, ma sicuramente piu' scenografica per il percorso che si snoda lungo uno dei piu' bei tratti di costa del Pacifico.

Che c'entra questo con la girl in the kitchen, direte voi? E' che proprio meditando su Big Sur, mi e' venuta in mente questa ricetta, che tempo fa avevo segnato col solito post-it giallo in modo da poterla provare al piu' presto. L'ho trovata in un libro bellissimo, The Big Sur Bakery Cookbook, uno di quelli che ti vengono suggeriti dal Grande Fratello Amazon, e che all'improvviso ti sembra di dover assolutamente possedere.
E' una sorta di diario culinario di un piccolo ristorante/caffe', nascosto dietro a una stazione di benzina lungo la Highway 1. La storia di quattro amici che decidono di lasciare l'atmosfera glamour e impossibile di Los Angeles per costruire il loro sogno in mezzo alla natura. Con tutte le fatiche del caso, come l'elettricita' che puo' mancare per giorni quando l'unica linea che collega Big Sur a Carmel decide di guastarsi, il senso di soffocamento che a volte colpisce vivendo in una comunita' di poche centinaia di persone, o i rischi finanziari di gestire un business che si nutre essenzialmente di turismo.

Come al solito, la prima ricetta che mi ha colpito e' quella di un pane, anche se in questo caso non si tratta di un lievitato, ma piuttosto di una via di mezzo tra il soda bread irlandese e gli english muffins (che, badate bene, sono tutta un'altra cosa rispetto ai muffins, e sono invece piu' simili agli scones inglesi, i quali a loro volta non sono da confondersi con gli scones americani...che confusione... direi che e' meglio fermarsi qui altrimenti la parentesi sfonda in un altro post).
Insomma vi avverto, questi insoliti panini, quintessenza della California zen e salutista, non sono per tutti. Intendo dire che non vanno bene per il classico pane e salame, hanno la crosta dura e croccante e l'interno molto denso e ricco di semi che scricchiolano con piacere sotto ai denti. Vanno assolutamente tagliati in due e tostati per bene prima di essere consumati, proprio come gli english muffins (che non sono come i muffins!!...), e sono il massimo a colazione spalmati di marmellata e accompagnati da una bella tazzona di caffe' senza fondo.
Adesso sono sicura. Prossima tappa, Big Sur.


Il Pane di Hide
per circa 8 panini

farina 375 gr.
semi di lino 50 gr.
semi di sesamo 40 gr.
fiocchi d'avena 120 gr.
semi di girasole 25 gr.
semi di miglio, amaranto, quinoa o papavero, oppure un misto fra questi 50 gr.
sale la punta di un cucchiaino
bicarbonato di sodio 1/2 cucchiaino
birra 60 ml.
latticello, latte o acqua 350 ml.


La ricetta l'ho divisa a meta', la dose originaria e' per 15 panini di circa 10 cm di diametro.
In una larga ciotola, mettere tutti gli ingredienti secchi e mescolare. Fare la fontana nel mezzo e unire la birra e il latticello (o l'acqua e/o il latte). Mescolare con le mani o con un mestolo di legno finche' tutti gli ingredienti sono amalgamati e formano un impasto denso e umido. Cospargere la supericie con un po' di farina e rovesciare l'impasto sul piano di lavoro. Dargli la forma di un salame di circa 5 cm di diametro, quindi tagliarlo a fette spesse 3 o 4 cm. Appiattirle leggermente con le mani e metterle su una teglia rivestita di carta forno. Cuocere a 180 per circa 45 minuti, finche' la superficie e' dorata. Lasciare raffreddare completamente. Prima di servire, tagliare i panini a meta' e tostarli per bene, mi raccomando.

Marmellata di Limoni Meyer

lunedì 7 dicembre 2009
Marmellata di Limoni Meyer

Se per caso vi capita di fare un giro in California nei mesi invernali, non pensateci due volte e fate scorta di limoni meyer. Fidatevi, valgono quanto una passeggiata per la Hollywood Hall of Fame o una visita a Beverly Hills.
Wikipedia ci fa sapere che questi limoni sono in realta' originari della Cina, dove si utilizzano a scopo ornamentale, e sono stati importati in California all'inizio del secolo scorso da un tal Frank Meyer, dipendenete del Dipartimento di Agricoltura, da cui poi hanno preso il nome.
Io invece posso raccontarvi che i meyer lemons sono una via di mezzo fra limone e mandarino, hanno la buccia piu' sottile dei limoni comuni, sono dolci e incredibilmente profumati.
Sabato mattina la visita al mercato avrebbe dovuto essere innocua, ma questi limoni erano ormai dappertutto e non ho saputo resistere. Ancora una volta la Nonna Papera che e' in me si e' risvegliata tutta d'un colpo e non ha voluto sentire ragioni. E allora beccatevi questa.


Marmellata di Limoni Meyer

limoni meyer
acqua
zucchero


Un po' minimalist come ricetta, ma le dosi dipendono dalla quantita' e dalla grandezza dei limoni. Io ne ho usati 10.
Lavare i limoni, eliminare le estremita' e poi tagliarli in due nel senso della lunghezza. Togliere i semi e tenerli da parte. Tagliare poi ciascun mezzo limone in fette sottili, metterle in una ciotola raccogliendo anche il succo che avranno rilasciato. Coprire a filo con dell'acqua e lasciar riposare in frigo per una notte.
Il giorno successivo, pesare i limoni+acqua e aggiungere circa il 70% del peso in zucchero (io ho usato 1,5 kg di zucchero per 2,2 kg. di frutta e acqua).
Avvolgere i semi tenuti da parte in una garza, chiudendola a mo' di sacchettino. Aggiungere la garza alla pentola con la frutta, l'acqua e lo zucchero, far cuocere a fiamma medio-bassa, schiumando se necessario. Quando la marmellata ha ottenuto la consistenza desiderata, eliminare la garza con i semi e invasare nei barattoli di vetro puliti e sterilizzati. Chiuderli per bene e immergerli in una larga pentola piena di acqua, facendoli bollire per 20 minuti. Spegnere il fuoco e far raffreddare i barattoli nella stessa acqua in modo da creare il sottovuoto.

Ayva Dolmasi. Cose Turche, ovvero Mele Cotogne Ripiene di Agnello

lunedì 30 novembre 2009
Ayva Dolmasi

Prendo tutto e mi trasferisco in Turchia. Vi lascio in eredita' 153 libri di cucina, molti dei quali ancora vergini, 74 forme per biscotti, una dispensa piena di marmellate per i prossimi 5 anni, 12 tipi di farina, un portatile pieno di ricette, e un frigo vuoto. Si' perche' ho deciso che le cose turche mi piacciono proprio, l'agnello, l'acqua di rose, le melanzane bruciacchiate e trasformate in pure', la frutta secca insieme al pollo o alla carne rossa, le vagonate di yogurt, le polpette aromatiche cotte sulla brace.
Abbandono il mio igloo e volo verso l'Egeo, rinuncio al bibitone di Starbucks e al suo bicchiere di carta per una bella tazza di kahve, nero e forte, arrivederci a spaghetti e tagliatelle, d'ora in poi solo pilaf e bulgur.
Almeno fino alla prossima infatuazione, thailandese o vietnamita, chi lo sa?


Ayva Dolmasi
per 3

mele cotogne, di media grandezza 3
macinato di agnello 500 gr. circa
cipolla media 1
pinoli 3 cucchiai
olio di oliva, sale, pepe, cannella, pepe della Giamaica


La ricetta viene dalla mia ultima insensata appropriazione, Arabesque: A Taste of Morocco, Turkey, & Lebanon, che mi ha conquistato in mezzo ad altri 200 libri per la sua copertina color turchese. No comment.

Lavare le mele cotogne, togliendo la peluria che le ricopre, asciugarle e disporle in una teglia da forno ricoperta di alluminio. Farle cuocere a 160 per una o due ore (il tempo dipende dalla grandezza delle mele), fino a quando sono morbide al tatto. Lasciarle raffreddare.
Nel frattempo, tritare finemente la cipolla e farla stufare in un po' di olio, finche' diventa traslucida. Unire i pinoli e farli tostare leggermente. A parte, mescolare la carne di agnello con sale, pepe nero macinato fresco, cannella e pepe della Giamaica. Unire la cipolla con i pinoli e mescolare bene finche' si ottiene un impasto compatto e omogeneo.
Tagliare le mele cotogne a meta' nel senso della lunghezza e rimuovere il torsolo con un coltello affilato. Scavare l'interno delle mele con un cucchiaino, togliendone circa 1/3. Tritare la polpa cosi' ottenuta e unirla alla carne. Salare leggermente l'incavo delle mele, e riempire ognuno con un paio di cucchiai di carne, premendo leggermente. Rimettere le mele nella teglia rivestita di carta forno e infornare a 175 per mezz'ora circa.
Se avanza un po' di ripieno, si possono formare delle polpettine da far cuocere nella stessa teglia con le mele (o in una a parte) per lo stesso tempo.

Crostata all'Uva con Crema Frangipane

domenica 29 novembre 2009
Crostata all'Uva con Crema Frangipane

La frangipane fa sempre un bell'effetto. Tanto per cominciare, ha un bellissimo nome, intrigante e dolcissimo al tempo stesso. Frangi che? mi chiedono di solito quando la preparo. Non so bene cosa sia, ma dal nome pare 'na bonta'. Eh eh eh....
Ed e' davvero buona, cosi' mandorlosamente buona che vi consiglio di farne sempre in abbondanza. Perche' va via a cucchiaiate anche da cruda...


Crostata all'Uva
con Crema Frangipane


Per la Frolla
farina 250 gr.
zucchero 100 gr.
burro 100 gr.
uova 1
lievito 8 gr.
vanillina 1/2 bustina
un pizzico di sale


Mescolare la farina con il lievito e setacciarli sulla tavola. Togliere il burro dal frigo, tagliarlo a piccoli pezzi e sfregarlo fra le dita con la farina, finche' si ottiene un composto a grandi briciole. Fare una fontana in mezzo e mettere zucchero, uovo, vanillina e sale. Sbattere leggermente questi ingredienti con la forchetta, poi cominciare ad amalgamarli con la farina, aiutandosi con una spatola. Lavorare l'impasto finche' e' omogeneo e compatto, cercando di fare in fretta per non farlo scaldare troppo. Avvolgerlo nella pellicola e farlo riposare in frigo almeno un paio di ore prima di usarlo. Si puo' tranquillamente preparare la frolla uno o due giorni prima e lasciarla in frigo fino al momento di utilizzarla.


Per la Crema Frangipane
burro 80 gr.
zucchero 100 gr.
mandorle senza buccia 100 gr.
uova 2
farina 40 gr.
aroma di mandorle 1 fialetta

Per Finire
uva da tavola senza semi due o tre manciate
mandorle a lamelle, zucchero a velo q.b.


Per la crema: tostare le mandorle in forno per qualche minuto, facendo attenzione a che non scuriscano troppo. Tritarle finemente nel mixer fino a ridurle in farina. Montare le uova con lo zucchero finche' sono gonfie e spumose, aggiungere il burro a pezzetti e continuare a sbattere energicamente. Unire farina, la farina di mandorle e l'aroma e mescolare finche' si ottiene una crema omogenea. Tenerla in frigo fino al momento di infornare.
Per la cottura: stendere la frolla nella teglia (io ho usato una teglia rettangolare 35x11 circa), coprirla con carta forno e disporvi sopra gli appositi pesi (o dei legumi secchi), in modo che la pasta non gonfi troppo. Far cuocere a 175 per 15 minuti, togliere i pesi e rivestire con uno strato abbondante di crema frangipane. Lavare e asciugare gli acini d'uva e tagliarli a meta'. Disporli sopra la crema con la parte tagliata verso il basso, facendoli affondare leggermente. Coprire con abbondanti madorle a lamelle. Rimettere la crostata in forno e cuocere per altri 30 minuti circa, finche' la frolla e la crema diventano di un bel colore dorato.
Lasciare raffreddare completamente, poi spolverare la superficie con zucchero a velo.

Pane Senza Impastare alle Noci

lunedì 23 novembre 2009
Pane Senza Impastare alle Noci

- Sieti pronti...? Sieti pronti?
- Bene, anch'io.
- Sieti gia' caldi?
- Beeene, anch'io.
- Are you ready...? E allora, andiamo!

(Madonna L.V. Ciccone, Concerto a Torino, 4 Settembre 1987)

AH-LEEEE-OH-OH, AH-LEEEE-OH-OH...
A grande richiesta, torna su questi schermi il Pane Senza Impastare. E arriva in compagnia di tante, tantissime noci. Non strappatevi i capelli, non lanciate oggetti sul palco, non spingete, per favore. Invece, prendete un po' di farina, sale, acqua e aggiungete noci a piacimento. E poi mettetevi comodi e armatevi di pazienza.
La ricetta - ovviamente - viene ancora da Jim Lahey e dal suo My Bread, The Revolutionary No-Work, No-Knead Method, ma stavolta ho apportato qualche modifica. La ricetta originale, come dal libro, sarebbe la versione laheyiana del Pan co' Santi toscano, con noci, uvetta, cannella e pepe fresco. Io ho semplicemente eliminato l'uvetta e la cannella e aumentato la quantita' di noci.

E allora, Sieti pronti? Andiamo!!


Pane alle Noci
Senza Impastare


farina forte 450 gr.
noci sgusciate 120 gr.
sale 8 gr.
lievito secco 2 gr.
acqua fredda (12-18 gradi C) 350 gr.
pepe nero macinato fresco q.b.


In una ciotola, mescolare farina, noci tritate grossolanamente, sale, lievito e una spolverata di pepe nero. Aggiungere l'acqua e mescolare con la mano o con un mestolo di legno finche' gli ingredienti sono appena amalgamati e formano una palla leggermente appiccicosa (bastano circa 30 secondi). Coprire la ciotola con pellicola e lasciare riposare a temperatura ambiente finche' l'impasto e' raddoppiato e la superficie e' coperta di bolle (18 ore o piu'). Stavolta, dato che la mia pseudo-cucina si e' improvvisamente trasformata in una cella frigorifera, ho dovuto aspettare 25 ore prima che l'impasto giungesse a lievitazione, alla faccia dei programmi che mi ero fatta. La durata della prima lievitazione dipende dalla temperatura esterna; quando la superficie e' tutta coperta di bolle, e' pronto.
Spolverare abbondantemente di farina la superficie di lavoro. Rovesciarvi sopra l'impasto, dargli la forma di una palla e piegarlo in tre. Mettere un panno da cucina sul ripiano, cospargerlo di crusca o farina e disporvi sopra la pagnotta, tenendo la cucitura verso il basso.
Se l'impasto e' appiccicoso, spolverarlo ancora con un po' di farina o crusca. Richiudere sopra di esso il panno e lasciarlo lievitare ancora per una o due ore. Dovra' circa raddoppiare. L'impasto e' pronto quando, affondando un dito, mantiene l'impronta senza ritornare indietro. A me ci sono volute altre 3 ore circa, sempre per colpa delle temperature polari della mia reggia.
Circa mezz'ora prima della fine della seconda lievitazione, preriscaldare il forno a 230 con all'interno la pentola che si usera' per la cottura (preferibilmente in ghisa): deve essere caldissima al momento di infornare.
Aiutandosi con il panno rovesciare velocemente il pane nella pentola, facendo in modo che la cucitura sia verso l'alto, coprire con il coperchio e mettere in forno. Cuocere per 30 minuti, quindi togliere il coperchio e lasciare cuocere ancora 15-30 minuti finche' si ottiene uan crosta scura e croccante. Lasciare raffreddare su una grata prima di tagliare.

Pane Senza Impastare alle Noci; margin-left:1.5em;


I wanna see everybody dancing... Balli con me, cantate con me...
You can dance, you can dance if you want to. Get into the groove!
You can dance, you can dance if you want to. And you can dance!
For inspiration. Are you ready? Come on! [...]
Get up on your feet. Yeah step to the beat. Boy what will it be.


(Madonna L.V. Ciccone, Into The Groove, Concerto a Torino, 4 Settembre 1987)

Marmellata di Cranberries e Arance

mercoledì 18 novembre 2009
Marmellata di Cranberries e Arance

Sono arrivati i cranberries, quelli veri! Dopo averli subiti per 10 mesi da secchi nei vari muffins, quick bread o insalate piu' o meno sfiziose, e dopo averne bevuto a litri sottoforma di succo, eccoli finalmente comparire sui banchi del fruttivendolo nudi e crudi, come natura li ha pensati.

Percio' scusate ma adesso vi subite questa marmellata. E se in Italia non si trovano, che colpa ne ho?


Marmellata di Cranberries e Arance

cranberries freschi 1,200 gr.
zucchero 700 gr.
mele granny smith 3
limoni 3
arance 3
cannella, noce moscata q.b.


Sbucciare le mele e conservarne la buccia, bagnandola con del succo di limone. Tagliarle a cubetti e mescolarli con i cranberries, lo zucchero, il succo dei limoni, il succo e la scorza grattuggiata delle arance. Far riposare in frigo per tutta la notte.
Il giorno successivo, mettere il composto di frutta sul fuoco, unendo le spezie e la scorza delle mele tenuta da parte, che poi andra’ eliminata a fine cottura. Cuocere a fiamma medio-bassa, schiumando all'occorrenza.
Quando la marmellata raggiunge la consistenza desiderata, invasarla in barattoli di vetro sterilizzati, chiuere per bene e farli bollire coperti di acqua per 20 minuti. Spegnere e lasciar raffreddare nella stessa pentola per creare il sottovuoto.

Patate Americane Profumate alla Cannella

giovedì 12 novembre 2009
Patate Americane con Cranberries e Cannella

Spiegatemi una cosa: com'e' che uno compra lo sciroppo d'acero per fare i pancakes, e i cranberries per fare dei muffins, e invece dalla cucina escono queste patate? E com'e' che ancora prima che le patate escano dal forno, altre ricette si sono intrufolate nella mia tabella di marcia, facendo scivolare muffins e pancakes sempre piu' giu'?
Come' e' dura la vita dei foodbloggers...


Patate Americane
al Profumo di Cannella

per due

patate americane dolci 1 grande o 2 piu' piccole
cannella, noce moscata, zenzero fresco grattuggiato, sale, pepe, olio di oliva, rosmarino fresco q.b.
cranberries 1 manciata
sciroppo d'acero 1 cucchiaio
senape di Digione 1 cucchiaino
aceto balsamico 2-3 cucchiai


Pelare le patate e tagliarle a spicchi. Mescolarle con un cucchiaio di olio, sale, pepe, cannella, noce moscata, zenzero e aghi di rosmarino. Metterle in una teglia rivestita di carta forno e cuocere a 220 per circa 30 minuti o finche' le patate sono morbide. Intanto mescolare lo sciroppo d'acero con l'aceto balsamico e la senape e unire un altro cucchiaio di olio. Versare la salsa ottenuta sopra le patate, unire i cranberries e mescolare. Infornare per altri 5 minuti e servire.

Stecca con Barbabietola, Rucola e Formaggio di Capra

martedì 10 novembre 2009
Stecca con Barbabietola, Rucola e Formaggio di Capra

Non so voi, ma io verso il Panino ho un debito di riconoscenza. Gli devo anni di cene preparate di sfuggita, ingoiate di fretta per strada, cene solitarie consumate di notte sulla panchina alla fermata dell’autobus, accartocciate in mezzo a una pausa della lezione, sgranocchiate sopra i tomi dell’esame, o preparate apposta per evitare il rancio appioppatoci dal mio ormai ex datore di lavoro (un ristorante pseudo italiano, di quelli alla Tagliatelle Alfredo e Spaghetti Meatballs, per intenderci....).

Certo, non nego che a volte mi sarebbe piaciuto avere sottomano un bel risottino all’onda o due spaghetti al pomodoro caldi e fumanti, soprattutto dopo quattro notti di fila trascorse con il Panino. Eppure Lui non mi ha mai tradito, ogni volta con un abito diverso, e’ sempre stato all’altezza. Il classico, adatto ad ogni occasione: mozzarella di bufala, pomodorini e rucola; bresaola, rucola e grana; crudo e mozzarella. Il semi-classico, da sbolognare a un’amica quando hai altri impegni: tonno, peperoni grigliati e rucola; brie, verdure grigliate e rucola; ricotta e spinaci ripassati in padella; carciofi stufati e brie; asparagi, grana e uovo sodo; crudo e asparagi; panino con le polpette al sugo, tanto sugo.....; roast beef a fettine, zucchine grigliate, scaglie di grana. L’alternativo, per una serata grundge: prosciutto crudo e fichi; tacchino al forno, salsa di cranberry, lattuga e pomodoro; avocado e polpa di granchio; avocado, pollo grigliato, formaggio semiduro, pomodoro e rucola; salmone affumicato, philadelphia ed erba cipollina; lattuga romana, caesar dressing e pollo grigliato. L’eretico, quando vuoi fallo strano: gorgonzola, marmellata di peperoni e rucola; ricotta, noci tostate e cipolle caramellate; marmellata di melanzane e zenzero, pecorino e rucola; pere caramellate e gorgonzola; pollo grigliato, mango, rucola e formaggio manchego; pere a fettine e brie; caprino e marmellata di carote.

Come dire: finche’ c’e’ il Panino c’e’ speranza. Oggi non ho piu’ lezioni da frequentare alla sera, non ho piu’ un secondo lavoro, e non ho piu’ il coraggio di mangiare a mezzanotte. Eppure mi viene come il sospetto che questo blog mi stia togliendo il tempo per mettermi ai fornelli, strano ma vero. E allora eccolo ancora qua, in una veste ancora una volta nuova, il Panino!

Un ringraziamento speciale anche al mio amato Jim Lahey, alla sua stecca senza impastare, e al suo Panino di Barbietola (Jim, se mi sposi, impariamo insieme l’italiano, ti va?).


Stecca e Barbabietola
con Rucola e Formaggio di Capra


stecca, tagliata a meta' 1/2
barbabietole marinate a fettine
cipolla rossa 1/2
aceto di vino rosso 6 cucchiai
formaggio di capra fresco
foglie di rucola
sale, olio di oliva


Per le barbabietole marinate: cuocere delle barbabietole al forno oppure lessarle in acqua. Quando sono fredde, pelarle e tagliarle a fette. Nel frattempo mescolare 6 cucchiai circa di aceto di vino rosso con un cucchiaino di sale fino. Tagliare a fettine sottili mezza cipolla rossa e metterla a bagno nell'aceto. Unire le fette di barbabietola, mescolare bene, coprire con pellicola e lasciare riposare in frigo per almeno 12 ore.

Per il panino: scaldare leggermente il pane, spalmare il formaggio di capra su una meta', coprire con foglie di rucola e fette di barbabietola scolate dalla marinata. Unire un filo d'olio, coprire con l'altra meta' della stecca e addentare.

La Stecca di Jim

lunedì 9 novembre 2009
La Stecca di Jim

Bhe, che avete capito? Stecca e' il nome che il mio amico Jim da' alla sua versione della baguette senza impastare. Non e' una baguette, non e' un filone, ne' tantomeno un grissino. E' una stecca, che altro se no?

Io questo Jim qui me lo sposerei domani, senza nemmeno andare a Las Vegas, lo sposerei proprio nel retrobottega di Sullivan Street Bakery, tra i sacchi di farina e i forni accesi, con un grembiule al posto dell'abito bianco e con le mani appiccicose e sporche di impasto. Ma come chi e' costui? E' Jim, quello famoso, quello del PSI, il Pane Senza Impastare che da qualche anno spopola sui foodblog di tutto il mondo, reso celebre da un articolo e da un video di Mark Bittman del NY Times. Ecco, avete capito, proprio quello li'.

Ho visitato la Sullivan Street Bakery la scorsa settimana nella speranza di incontrarlo, ma che illusa! Dimenticavo che tutto e' fatto senza impastare, e quindi probabilmente il mio caro Jim se ne stava bello tranquillo su una spiaggia caraibica mentre il pane, le stecche e le ciabatte lavoravano da sole.
In compenso mi ha fatto una sorpresa. Finalmente anche lui si e' fatto furbo, e dopo aver visto la sua ricetta girovagare all'impazzata per l'etere diventando leggenda, ha deciso che fosse giunto il momento di dargli una paternita' ufficiale. E cosi' e' arrivato sugli scaffali il suo libro, My Bread, The Revolutionary No-Work, No-Knead Method, una collezione di ricette per i panettieri pigroni come me, non solo il celeberrimo PSI gia' testato piu' volte, ma anche ciabatta, pane al formaggio, panini con la pancetta, pane al cocco e cioccolato, pane irlandese alla Guiness, pane al mais, pizze e focacce. Il libro mi ha accolto in primo piano proprio all'ingresso della piccola bakery. E come facevo a resistergli? Lo so, lo so, avevo promesso basta con i libri (anzi, se non ricordo male, avevo addirittura promesso di mettere in vendita quelli che gia' posseggo), ma un piccolo strappo alla regola, per Jim si puo' fare, no?

Avete mai avuto un tuffo al cuore aprendo il forno a cottura ultimata? E' quello che mi e' successo stamattina quando ho sfornato queste stecche. Non ci potevo credere, cosi' gonfie, profumate e irresistibili. Il tutto per 15 minuti di lavoro.
Signor Lahey, mi vuole sposare? Adesso so fare anche le Sue stecche, domani provero' il pane alle noci, prossimamente Le concedero' pure la pizza, se non e' amore questo!

Sullivan Street Bakery
Sullivan Street Bakery
533 W 47th Street
New York, NY 10036
Tel: (212) 265-5583



La Stecca Senza Impastare
per 4 stecche

farina forte 455 gr.
acqua fredda (12-18 gradi C) 350 gr.
sale 3 gr.
zucchero 3 gr.
lievito secco 1 gr.
olio di oliva, sale grosso
farina o crusca per spolverare


In una larga ciotola, mescolare farina, sale, zucchero e lievito. Unire l'acqua e mescolare con la mano o con un mestolo di legno finche' gli ingredienti sono appena amalgamati a formare una palla umida e appiccicosa (bastano circa 30 secondi). Coprire la ciotola con pellicola e lasciare riposare a temperatura ambiente finche' l'impasto e' raddoppiato e la superficie e' coperta di bolle (12 - 18 ore circa).
Spolverare abbondantemente di farina la superficie di lavoro. Rovesciarvi sopra l'impasto, piegarlo su se stesso un paio di volte e poi dargli la forma di una palla un po' appiattita, tenendo la "cucitura" verso il basso (se avete qualche dubbio circa le pieghe, guardatevi il video del Pane Senza Impastare, qui). Mettere un panno da cucina sul ripiano, cospargerlo di crusca o farina e disporvi sopra la pagnotta. Spennellare la superficie di olio di oliva e cospargere di sale grosso. Se l'impasto e' appiccicoso, spolverarlo ancora con un po' di farina o crusca. Richiudere sopra di esso il panno e lasciarlo lievitare ancora per una o due ore. Dovra' circa raddoppiare. L'impasto e' pronto quando, affondando un dito, mantiene l'impronta senza ritornare indietro.
Circa mezz'ora prima della fine della seconda lievitazione, accendere il forno e portarlo a 250. Ungere una teglia di circa 30x45 (io l'ho semplicemente rivestita di carta forno, senza ungerla d'olio). Dividere l'impasto in 4 parti, e con delicatezza allungare ogni pezzo formando una stecca della lunghezza della teglia. Disporre le stecche parallelamente, distanziandole circa 1.5 cm l'una dall'altra. Spennellarle di olio e cospargerle ancora con del sale grosso.
Cuocere nel forno caldo per 15-25 minuti, finche' la crosta e' dorata. Far riposare le stecche nella teglia ancora per 5 minuti, poi disporle su una grata e farle raffreddare completamente.

Insalata di Rape con Parmigiano e Zenzero

venerdì 6 novembre 2009
Insalata di Rape con Parmigiano e Zenzero

Con 26.2 miglia nelle gambe e la quinta maratona in tasca, riprendiamo a fatica le vecchie abitudini.
Oltre alla medaglia, a nuovi acciacchi e a un numero imprecisato di libri acquistati senza vergogna, anche quest anno mi porto dietro il ricordo delle note di New York, New York che aprono l'inizio della corsa al di qua del Ponte di Verrazzano, del rumore di migliaia di passi che battono il Queensboro Bridge, delle urla della folla che ti accoglie piu' calorosa che mai nell'ingresso a Manhattan, di quella 1st Avenue in leggera salita, lunghissima ed estenuante, che pare non finire mai, dell'emozione di entrare in Central Park come se fossi tu il vero protagonista, degli ultimi 400 metri in cui dai fondo a tutte le energie, e delle congratulazioni dei passanti mentre ti incammini verso casa nel tardo pomeriggio con al collo l'inconfondibile medaglia.

Per riassaporare l'emozione e illudermi ancora per un po' di vivere a Manhattan, mi sono fatta questa insalata, assaggiata e riassaggiata in un localino niente male del Lower East Side. Un pizzico di zenzero e l'aggiunta innocua di un po' di cipolla danno quel tocco in piu' per creare l'atmosfera di una tranquilla serata newyorchese.


Insalata di Rape
con Parmigiano e Zenzero

per due persone

rucola e insalatine miste
rape, possibilmente di due colori (rosse e gialle) 2
parmigiano a scaglie
cipolla rossa piccola 1/2
zenzero fresco grattuggiato q.b.
sale, pepe, olio, aceto balsamico q.b.


Pulire le rape, tagliando le foglie e pareggiando le estremita'. Metterle in una piccola teglia da forno, copirle con acqua fino a meta' e cuocerle a 200 per circa 45 minuti o finche' sono tenere. Durante la cottura, girarle ogni tanto e aggiungere acqua se necessario. Lasciarle intiepidire, poi sbucciarle e tagliarle a cubetti. Si possono anche bollire in acqua, ma se arrostite in forno il sapore resta piu' intenso.
Sbucciare la cipolla e tritarla finemente. Unirla all'insalatina e rucola e mescolare. Condire l'insalata con una vinagrette preparata mescolando olio, aceto balsamico, sale e zenzero fresco grattuggiato.
Coprire con i cubetti di rapa e scaglie di parmigiano. Spolverare con pepe nero macinato fresco.

NY, I Love You

mercoledì 28 ottobre 2009
Gone Running

If This Town is Just an Apple, then Let Me Take a Bite...
(M. Jackson, Human Nature)


Mission NY.
Obiettivi:

• 26.2 miglia
• inseguire Aldo Rock
• pellegrinaggio alla Sullivan Street Bakery per stringere la mano a Jim Lahey
• caccia all'alternativa di Una Pizza Napoletana
• a zonzo sulla Fifth Avenue per sentirmi come Holly Golightly in Colazione da Tiffany's
• shopping alla Rizzoli Bookstore, nella speranza di incontrare anche io il mio Robert de Niro (ricordate questo?)
• passeggiata nel Parco, a Piedi Nudi o con le scarpe
• omaggio al famoso diner del set Jerry Seinfeld sulla 112ma
• ammirare il 59th Street Bridge di notte, seduta su una panchina, alla Woody Allen & Diane Keaton, senza pensare ai cinque ponti che mi aspettano al varco
• un Long Island Ice Tea, ma post maratona : )


- Chapter one.
"He was as tough and romantic as the city he loved. Behind his black-rimmed glasses was the coiled sexual power of a jungle cat".
- I love this.
"New York was his town and it always would be".

(W. Allen, Manhattan)

Una Pizza Napoletana

domenica 25 ottobre 2009
Anthony Mangieri
Foto tratta dal sito ufficiale del New York Times


Anthony Mangieri, chi era costui?

C'era una volta un pizzaiolo integralista, uno di quelli che non sono disposti a scendere a compromessi, niente mozzarelle da quattro soldi, niente lieviti artificiali, niente pummarole pronte. Anthony Mangieri aveva un sogno, inseguito per anni come il Santo Graal: capire il segreto della pizza, sviscerarlo, farlo suo per poterlo poi offrire al resto del mondo. Anthony Mangieri sapeva che la pizza napoletana e' un affare serio, una magia da conquistare con pochi ingredienti, ma tutti di ottima qualita'. Niente trucchi, niente aggiunte superflue: sale, acqua, farina e lievitazione naturale. Pomodoro, mozzarella, olio e basilico. Prendere o lasciare. Al bando tutti gli extra, a che servono?

Una sfida mica da poco, in un mercato dove il consumatore viziato e' abituato a chiedere e ottenere quello che vuole: pizza alta, bassa, quadrata o tonda, col pesto o con il pollo, bruciacchiata o mezza cruda, con l'ananas o il prosciutto, oppure tutto insieme, dimmi cosa vuoi e ti accontentero'. Pseudo pizzerie e pizze al taglio in ogni angolo, prezzi da fast food, con chi mai pensava di mettersi in competizione?

Una Pizza Napoletana era tutto fuorche' la classica pizzeria americana. Gia' a leggere il cartello affisso sulla porta, si capiva che c'era qualcosa di strano:

"Aperto dal Giovedi' alla Domenica
Dalle 5 fino a che finisce l'impasto"


E' uno scherzo? Come sarebbe a dire dal giovedi' alla domenica? E quelli che per caso vogliono una pizza di mercoledi', che fanno? E poi siamo negli USA, come si permette Lei di chiudere per riposo? E cosa e' questa storia che l'impasto puo' finire? No, no, no, non e' possibile, l'impasto non finisce mai. Finche' ci sono clienti, ci deve essere impasto, non importa se non e' ancora giunto a lievitazione e se in realta' e' quello programmato per domani. Si usa e basta, che differenza fa?

Quando poi andavi a leggere il menu, non sapevi piu' che pensare: Anthony era un visionario oppure era semplicemente un pazzo. Una Pizza Napoletana offriva quattro pizze, tutte quante variazioni sul tema: Marinara, Margherita, Bianca e Filetti (con aggiunta di pomodorini tagliati a pezzi). Un gioco di scambio tra gli stessi ingredienti, pomodoro, mozzarella, olio e basilico. Niente di piu'. Quattro pizze. Nessuna insalata, nessun antipasto, stuzzichino o finger food. Nemmeno il dessert. La pizza come religione, una fede integralista a cui Anthony faceva un'unica concessione, del vino rosso campano da servire in caraffa.

Nella pratica, il suo delirio visionario equivaleva a un suicidio commerciale, una firma per attirarsi le critiche e i dissensi del popolo affamato. Ma come, cosa vuol dire non posso fare aggiunte? E non avete nemmeno i pepperoni (tipo di salamino piccante, ndr)? La prossima volta ci pensero' bene prima di aspettare qui per mezz'ora... E invece la pizza ti arrivava bella come mai, rotonda, profumata e fumante. E tutta intera, come e' giusto che sia, non gia' tagliata a spicchi o divisa a meta', alla moda americana. A ognuno la sua pizza, perche' in casi come questi e' giusto essere egoisti.

E poi c'era quella storia degli ingredienti, tutti rigorosamente di importazione e selezionatissimi, scelti con un'ossessione quasi maniacale: farina biologica, pomodori San Marzano DOP, sale marino della Sicilia, olio extravergine che pareva una spremuta di olive, bufala campana freschissima.

Chi vuol capire, mi seguira', a tutti gli altri rimarranno le infinite altre pizzerie di NY. Chi voleva capire frequentava quel minuscolo locale dell'East Village come fosse un tempio, con l'adorazione e il rispetto che si porta verso il Sacro. I hope, Ho Fede, come Anthony si era fatto tatuare sulle dita delle mani. Chi voleva capire, non avrebbe piu' rinunciato a quel forno a legna per nessun'altra pizza di Manhattan.

Anthony Mangieri evidentemente non era pazzo, e questa storia della pizza hard-core l'aveva vista giusta. La sua insana ossessione per Napoli, lui che era nato nel New Jersey e a Napoli non ci era mai stato, l'aveva portato sulla strada giusta. Eppure, all'apice del successo e della carriera, Anthony Mangieri ha preso coraggio e ha deciso che quel sogno dell'East Village era giunto al termine. Era ora di lasciare spazio a qualcun altro. Una Pizza Napoletana ha chiuso pochi mesi fa, da un giorno all'altro, con un semplice messaggio di ringraziamento al pubblico per il supporto e l'amore che gli ha dimostrato in 5 anni.

Ma chi conosce Anthony Mangieri, sa che uno come lui, a 40 anni, non puo' aver rinunciato a sognare: I want to make a change, man, racconta all'inviato del Diner's Journal, il blog del NY Times dedicato alla ristorazione di qualita'. I’m almost 40. I’ve lived my life between New Jersey and this neighborhood. If I don’t do this now, then when?

E vuoi vedere che...

Tagliolini al Nero con la Zucca

martedì 20 ottobre 2009
Tagliolini al Nero con la Zucca

Con qualche giorno in anticipo, ecco la mia ricetta per Halloween, presa dall'utlimo numero di Gourmet Magazine. Gli ho pure rubato l'idea per la foto perche' mi piacevano troppo i tagliolini sbattuti sullo sfondo nero senza il piatto.

E con questo spero di farmi perdonare la zucca in scatola, dato che ci ho messo davvero tutto l'impegno. Non solo sono andata al mercato a comprare un bel pezzo di zucca ancora da decorticare, ma ho fatto a mano anche i tagliolini, andando a recuperare l'Imperia che se ne stava bella tranquilla nell'angolo meno accessibile della mia pseudo-cucina.
Dolcetto o scherzetto? E se invece ci facessimo due spaghi?


Tagliolini al Nero
con la Zucca

per tre

Per i tagliolini:
farina 00 150 gr. circa
farina di semola di grano duro 50 gr
uova 2
nero di seppia 1 bustina
(vabbe', lo confesso, questo arriva dalla bustina, ma se volete andare a caccia dell'impossibile seppia fresca in quel di San Francisco, fate pure...)


Per il condimento:
zucca circa 500 gr (al netto degli scarti)
peperone giallo 1
aglio 2 spicchi
scalogno 1
olive nere 1 manciata
sale, pepe, peperoncino, timo fresco, olio di oliva 1


Pulire la zucca, eliminando la buccia e i semi, e tagliarla a cubetti. Lavare il peperone, eliminare i semi e i filamenti bianchi e tagliarlo a piccoli pezzi. Mettere le verdure in una teglia da forno, unire gli spicchi di aglio e lo scalogno sbucciati e tagliati a fette, insaporire con sale, pepe, peperoncino, qualche rametto di timo e olio extravergine di oliva. Mescolare bene, poi infornare a 220 finche' le verdure sono tenere ma non disfatte (ci vorranno cica 25-30 minuti).

Intanto preparare la pasta all'uovo come al solito, aggiungendo all'impasto il nero di seppia per colorarlo e ricavando poi i tagliolini (niente spiega sulla pasta all'uovo, sorry...).
Cuocere i tagliolini in acqua bollente salata, scolarli dopo qualche minuto e farli saltare brevemente in padella insieme alle verdure, aggiungendo le olive tagliate a pezzi e un paio di cucchiai dell'acqua di cottura della pasta. A piacere spolverare di parmigiano grattuggiato (secondo me ci starebbe bene, ma per rispetto nei confronti del nero di seppia in bustina l'ho omesso).

Cake alla Zucca e Noci

mercoledì 14 ottobre 2009
Cake alla Zucca e Noci

VIVA la zucca. Ovvero, anche l'autunno ha un suo perche'. Basta con le lamentele, basta ripetere scocciati che fuori piove, che, uffa, bisogna iniziare a mettere le calze, che l'abbronzatura e' sbiadita, che mancano 10 mesi al prossimo viaggio in Grecia e che fa buio troppo presto.
Andate al mercato, comprate una bella zucca dolce e matura, e riappacificatevi con il mondo. Tutto avra' un colore diverso (forse tendente all'arancione?): il freddo diventa la scusa per accendere il forno, calze e UGGs sono infinitamente piu' comodi di sandaletti e infradito, chi ha bisogno dell'abbronzatura quando sto benissimo cosi', ma quanto e' bello l'avvicinarsi del Natale, delle castagne e del panettone....

Ora vi domando: secondo voi si hanno gli stessi effetti con la zucca in lattina?
Dato che ormai ho una certa confidenza, posso confessarvi che questi Pumpkin Breads - diffusi negli States tutto l'anno, ma decisamente inflazionati da ottobre a Natale - sono fatti utilizzando una purea di zucca in lattina, in vendita comunemente in qualunque supermercato. Nessuno si sognerebbe di partire dalla zucca fresca e fare tutta quella fatica per pelarla e cuocerla, quando basta un apriscatole e si ottiene lo stesso risultato. OK, vi ho rovinato la poesia. Posso regalarvi una fetta e facciamo pace?


Cake alla Zucca e Noci
per uno stampo da plumcake di dimensioni medie

zucchero 170 gr.
olio di semi 55 gr.
uova 2
farina 200 gr.
bicarbonato di sodio 1 cucchiaino
lievito la punta di un cucchiaino
sale un pizzico
zenzero fresco grattuggiato 1 o 2 cucchiaini
cannella, garofano, noce moscata, pepe della Jamaica
purea di zucca 260 gr.
scorza di un'arancia grattuggiata
acqua 70 gr.
noci 110 gr.


Far tostare le noci in forno, tritarle grossolanamente e tenerle da parte.
Sbattere a crema zucchero e olio, unire le uova e mescolare. Aggiungere poi la farina preventivamente setacciata con bicarbonato, lievito, sale e spezie, alternandola con l'aggiunta dell'acqua. Come per i muffins, anche qui la regola e' di non lavorare troppo l'impasto, per ottenere un dolce dalla consistenza leggera.
Unire la purea di zucca (in scatola se ce l'avete, senno' armatevi di pazienza e preparatela cuocendo la zucca in forno finche' e' morbida, passatela al mixer e se necessario fatela asciugare ancora in padella) e la scorza grattuggiata di un'arancia. Alla fine unire le noci.
Versare nello stampo imburrato e infarintao, infornare a 175 e cuocere per circa un'ora o piu', finche' la lama di un coltello inserita nel mezzo esce pulita.
Far riposare il cake per 10 minuti prima di rimuoverlo dallo stampo.
Si conserva bene in frigo, avvolto in pellicola, per 4 o 5 giorni.

Steak di Manzo alle Sei Spezie

lunedì 12 ottobre 2009
Steak di Manzo alle Sei Spezie

Ieri mi sono sparata 32 km di corsa, e oggi i muscoli delle gambe hanno levato un coro di protesta. Tuttavia non e' solo per questo che ho deciso di farmi una bistecca. E' anche perche' avevo un conto in sospeso con la carne dal post precedente; in piu', sempre per via della tagine di cui sopra, mi ritrovo con la dispensa piena di spezie, e ogni scusa per utlizzarle e' ben accetta.

La ricetta - dalle decise influenze asiatiche - l'ho trovata sfogliando un vecchio numero di Gourmet Magazine. Non chiedetemi che pezzo di carne abbia usato perche' non saprei dirvelo: paese che vai, tagli di manzo che trovi. Basta avere un Signor Macellaio per amico, e il problema e' risolto.


Steak di Manzo
alle Sei Spezie

per 2 o 3 persone

Per la carne
bistecca di manzo, spessa circa 3 cm e tagliata per il lungo 300 gr. circa
pepe di Sichuan in grani 1 cucchiaino
grani di pepe nero 5-6
semi di finocchio 1/2 cucchiaino
semi di anice 1/2 cucchiaino
stecca di cannella 1 pezzo lungo circa 2 cm.
chiodi di garofano 3
zucchero di canna scuro 1 cucchiaino
sale 1 pizzico

Per la salsa
salsa di soia 3-4 cucchiai
aceto di riso 1/2 cucchiaio
acqua 1 cucchiaio
zenzero fresco grattuggiato 1/2 cucchiaio
zucchero di canna scuro 1 cucchiaino
scalogno tritato 1/2
aglio tritato 1 spicchio piccolo
coriandolo fresco tritato q.b.


Scaldare il grill nel forno. Ungere leggermente la teglia dove si fara' cuocere la carne. Tritare nel mixer tutte le spezie con lo zucchero e il sale finche' sono quasi polverizzate. Massaggiare la carne con il mix di spezie e poi cospargerla uniformemente. Disporla sulla teglia, infornare sotto al grill rovente e cuocere per circa 4 o 5 minuti per parte (deve restare al sangue).
Togliere la carne dal forno e lasciarla riposare per circa 10 minuti. Raccogliere il sugo rilasciato, unirlo al resto degli ingredienti per la salsa (eccetto il coriandolo) e farla addensare sul fuoco per qualche minuto.
Pennellare la bistecca con la salsa e cospargerla con il coriandolo tritato. Tagliarla a fette sottili e servire sopra un letto di insalatina.

Tagine di Agnello alla Cannella e Prugne Secche

giovedì 8 ottobre 2009
Tagine di Agnello alla Cannella e Prugne Secche

Scusate, mi e' scappato l'agnello. Il resto degli ingredienti (uno piu', uno meno) sono tutti radunati qui sopra. Manca il protagonista, e' vero, ma non se l'e' proprio sentita di comparire davanti a tutti, conciato com'era. E rimanda alla prossima tagine.

Il motivo forse e' noto, o almeno sara' comprensibile ai foodblogger in erba come me. Fotografare la carne e' schifosamente difficile, non importa quanto sia bello il piatto da portata o quanto bene sia riuscita la pietanza. E' gia' dura fare un ritratto decente a soggetti fotogenici come biscotti, crostate o croissant (non che ci abbia mai provato a farli, i croissant, ma non stiamo qui a sottilizzare....). Dicevo, gia' e difficile fare una foto decente a soggetti belli di per se', figuriamoci la carne! Peggio ancora se si tratta di una roba dai contorni indefiniti, tipo goulasch o spezzatino. Quello che avete preparato con tanta cura (nel caso di questa ricetta, ci ho messo un'ora solo a fare la lista delle spezie che mi servivano...) si trasforma in un'indefinita chiazza marroncina che farebbe passare l'appetito a chiunque.

Solo che questa tagine volevo davvero condividerla, perche' e' buonissima. Foto o non foto, ho quindi deciso di rifilarvi il post. La ricetta-patchwork l'ho messa insieme guardando qua e la' sulla rete e nei vari libri che ancora non ho messo in vendita. Cotto a lungo insieme alle spezie, l'agnello acquista un sapore particolarissimo, e soprattutto diventa cosi' morbido che ancora faccio fatica a credere di averlo fatto io (...con la carne non ho mai avuto un grande rapporto). La cosa sensazionale e' che mentre la carne cuoce, si sparge un tale profumo in giro per casa (o per i vostri 20 mq) che vi fara' sentire la Maga delle Spezie in persona. E non mi stupirei poi se i vicini, seguendo a naso la scia odorosa, si presentassero alla porta con una scusa qualunque, sperando nella vostra famosa generosita'.

A scanso di equivoci, tagine e' propriamente il nome della pentola dal coperchio conico - di solito in terracotta - che si usa nella cucina marocchina, e nordafricana in genere, per questo tipo di preparazioni. La tagine e' ideale per le cotture lente, dal momento che grazie alla sua struttura, aromi e vapori vengono trattenuti all'interno, rendendo la carne molto morbida e saporita. E con tutte le caccavelle in mio possesso, potevo farmi mancare la tagine?
Bando alle ciance, ecco la ricetta. Fidatevi, non e' la solita fettina.


Tagine di Agnello
alla Cannella e Prugne Secche

per due

carne di agnello tagliata a cubetti 400-500 gr.
paprika, sale, pepe, zenzero fresco, turmerico, cannella in polvere, cardamomo, cumino, coriandolo, garofano in polvere, pepe di cayenna q.b.
stecche di cannella intere 2
cipolla rossa 1/2
aglio 1 spicchio
zafferano q.b.
vino bianco 2-3 cucchiai
miele 1-2 cucchiai
prugne secche snocciolate una decina
olio di oliva


La sera prima, mescolare la carne con un cucchiaio di olio di oliva e le spezie in polvere (paprika, zenzero fresco grattuggiato, turmerico, cannella, cardamomo, coriandolo, garofano, pepe di cayenna, cumino). Coprire e tenere in frigo.
Il giorno successivo, scaldare un cucchiaio di olio nella tagine, unire la carne con tutte le spezie e farla rosolare per bene da tutti i lati. Quando e’ colorita, toglierla dalla pentola con un mestolo forato, unire un altro cucchiaio di olio e far rosolare per circa 5 minuti la cipolla tagliata a fette sottili e lo spicchio d’aglio, aggiungendo acqua se necessario. Rimettere la carne nella pentola, unire sale, pepe, le stecche di cannella intere e il vino bianco in cui si sara’ sciolto lo zafferano. Unire acqua fino quasi a coprire la carne, mettere il coperchio alla tagine e lasciare sobbollire per circa 1 ora e ½, mescolando ogni tanto. Se necessario, unire ancora dell’acqua e regolare di sale o di spezie.
A questo punto, unire il miele e le prugne. Continuare a cuocere altri 15/20 minuti circa finche’ la carne e’ tenera e il sugo si e’ addensato.
Servire con del cous-cous.

Marmellata di Lychee, Lamponi e Acqua di Rose

domenica 4 ottobre 2009
Marmellata di Lychee con Lamponi e Acqua di Rose

Sì vabbè, sono leggermente in ritardo col post. E’ un post un po' scomPOST... Perché in realtà la marmellata l’ho fatta qualche settimana fa, dopo aver acquistato gli ulitmi lychee disponibili da un fruttivendolo di Chinatown. E invece di farmi un martini, ho deciso di buttarli in pentola.

Inutile dire che la ricetta l'ho ancora una volta liberamente tratta dal libro di Chrisine Ferber. Che noia.


Marmellata di Lychee
con Lamponi e Acqua di Rose


lychee, sbucciati e snocciolati 1 kg
lamponi 500 gr. circa
zucchero 450 gr.
limoni 2
acqua di rose 50 gr.
mele verdi 2


Sbucciare e snocciolare i lychee. Tagliarli a pezzi e metterli in una ciotola con i lamponi, il succo dei limoni e lo zucchero. Coprire con della pellicola e lasciar riposare in frigo per una notte.
Il giorno dopo, mettere la frutta in una larga pentola, unire la buccia delle mele verdi e portare a cottura, schiumando all'occorrenza. Poco prima che la marmellata abbia raggiunto la consistenza desiderata, unire l'acqua di rose e mescolare.
Eliminare la buccia delle mele, invasare la marmellata nei barattoli di vetro puliti e sterilizzati, chiuderli e farli bollire in una larga pentola piena di acqua per 20 minuti. Spegnere il fuoco e far raffreddare i barattoli nella stessa acqua per creare il sottovuoto.

Cjariei

lunedì 28 settembre 2009
Cjariei

Ogni tanto la citta’ gioca brutti scherzi. Una sera all’improvviso alzi gli occhi al cielo e ti accorgi che qualcuno si e’ portato via le stelle. E gli alberi, i sentieri di montagna e il profumo dell’erba. Non ci sono piu’ i prati verdi ne’ tutti i colori dell’autunno. Qualcuno si e’ portato via i sassi, i camini accesi e il suono delle campane. E che fine hanno fatto gli incontri in piazza, le domeniche pigre e il caffe’ dopo pranzo? Qualcuno si e’ perfino rubato i tramonti, l’acqua fresca di sorgente e il silenzio.
Un ladro astemio, pero’. Mi ha lasciato la grappa. E allora beviamoci su.

Nel caso abbiate qualche dubbio, Cjariei e' il nome dialettale della grappa al cumino, o finocchietto di montagna. Si ritiene abbia ottimi effetti digestivi e terapeutici, al secondo bicchiere lava via la nostalgia e regala in cambio visioni di rosei tramonti dolomitici.

I tuoi pensieri un po' ubriachi, danzando per le strade si allontanano,
ti son sfuggiti dalla mano e il giorno sembra ormai così lontano
e il giorno sembra ormai così lontano...
(Francesco Guccini, Canzone di Notte)


Cjariei
(Grappa al Cumino)


grappa a 40 gradi una bottiglia da 350 ml.
semi di cumino 25 gr.
zucchero 70 gr.
acqua q.b.


Mescolare la grappa con i semi di cumino, chiudere il vaso o la bottiglia e lasciare macerare per almeno un mese, rimescolando ogni tanto.
Passato questo tempo, sciogliere a freddo lo zucchero in un po' di acqua, ottenendo una specie di sciroppo. Unirlo alla grappa e lasciar riposare un altro mese, ricordandosi ancora di agitare di tanto in tanto.
Filtrare la grappa e versarla di nuovo nella bottiglia.

Cloudy With a Chance of Meatballs

mercoledì 23 settembre 2009
Cloudy with a Chance of Meatball

L'ultima volta che mi sono trovata dentro a una brioche e' stata ai tempi dell'universita', quando, giovani e squattrinati, condividevamo un glorioso appartamento fatiscente proprio sopra a una pasticceria. E ogni mattina era la stessa storia: comiciavano a sfornare verso le sei e il profumo di croissant saliva insidioso lungo le pareti, trasformando i miei tranquilli sogni di gloria in incubi surrealisti. Se ero fortunata, mi ritrovavo a nuotare in una nuvola di impasto lievitato, con i capelli impiastricciati di marmellata di albicocche. Nei casi peggiori, invece, arrancavo in una piscina di chantilly, oppure, a bordo di un bigné, solcavo a fatica un mare di crema ganache mentre dal cielo grandinavano cristalli di zucchero.

Al posto della brioche, stavolta mi sono trovata dentro a un castello di budino gelatinoso, e con un paio di occhiali a 3D ho potuto godermi lo spettacolo ben sveglia e comodamente seduta in poltrona, senza pericolo di risvegli angosciosi.

Ma di che sto parlando? Bevuto troppo? Fumato strano? Ma no, niente paura, e' solo Nuvoloso con Possibilita' di Polpette. Tutto chiaro adesso, no? Altrimenti guardate qui e abbandonatevi alle piogge di pancakes, alle montagne di gelato variopinto, ai fiumi di sciroppo e ai tornado di spaghetti.
Attenzione alle polpette, pero'.

Pudding Cake Speziato allo Zenzero - Prove Tecniche di Natale

domenica 20 settembre 2009
Pudding Cake Speziato allo Zenzero

Come era bello quando il Natale arrivava solo a dicembre, quando per fare l’albero si usavano i balocchi spaiati sopravvissuti agli anni precedenti e quando fare il presepe non era politicamente scorretto. Erano i tempi in cui nevicava di brutto e non faceva notizia, dopotutto era normale che in inverno fosse cosi’.

Vorrei cantare insieme a Voi, in magica armonia…

Non vi preoccupate, non sono impazzita ne’ ho ingerito sostanze sospette. Semplicemente, mi sono messa al passo coi tempi. Una domenica di fine settembre, gironzolo per la citta’ e mi godo forse l’ultima giornata di sole di questa estate indiana.

Invece mi vogliono convincere che il Natale e’ ormai alle porte e che io, come al solito, sono indietro. Vetrine ammiccanti propongono messaggi festivi e fiocchi di neve stilizzati, da Starbucks hanno iniziato a vendere il caffelatte aromatizzato allo zenzero, vera chicca di tutte le Feste, e improvvisamente mi viene voglia di cantare Last Christmas e di andare a svaligiare il centro commerciale approfittando dei saldi, non so piu’ se di fine estate o pre-natalizi. Da adesso fino al 25 dicembre sara’ tutto un crescendo di stucchevolezza, un fiume di melassa in corsa prima della piena, sbarrato solo dalle zucche di Halloween e dai tacchini del Ringraziamento.

Quest anno ho deciso di lasciarmi trascinare, ogni tanto voglio essere alla moda anche io, che male c’e? Cosi' ho fatto scorta di melassa, zenzero e cannella e mi sono messa all’opera.

Go to buy a tree but not a true tree becouse otherwise it would die die die die die
(Elio e Le Storie Tese, Christmas with the yours)


Pudding Cake
alle Spezie e Zenzero

per uno stampo da plumcake di 22 cm oppure due piu' piccoli

farina 110 gr.
bicarbonato di sodio 1/2 cucchiaino
cannella in polvere 1/2 cucchiaino
chiodi di garofano in polvere la punta di un cucchiaino
pepe nero macinato fresco una spolverata
zenzero fresco, pelato e tritato 50 gr.
acqua bollente 100 ml.
zucchero 75 gr.
olio di semi 75 ml
melassa 115 gr.
sale un pizzico
uova 1


Setacciare la farina con il bicarbonato, unire cannella, garofano e pepe. Mettere lo zenzero nel mixer, coprirlo con l'acqua e frullare finche' si riduce in poltiglia. Versarlo in una ciotola, unire zucchero, olio, melassa e sale e sbattere bene. Unire la farina setacciata con le spezie, mescolare ancora e poi aggiungere l'uovo, continuando a sbattere finche' il composto e' omogeneo e ben amalgamato. Si otterra' un impasto molto liquido.
Versarlo nello stampo o negli stampini imburrati e infornare a 160/170 per circa 1 ora e 10 minuti (45 minuti per gli stampini piu' piccoli), o finche' la lama di un coltello inserita nel mezzo esce pulita.
Lasciare raffreddare il dolce nello stampo per 20 minuti prima di rovesciarlo su una grata. Farlo freddare completamente prima di servire.

Lo chiamano Pudding Cake per il fatto che e' morbido e umido, una via di mezzo tra un plumcake e un pudding. Adatto a chi apprezza lo zenzero e i sapori speziati e piccantini, altrimenti e' meglio che lo rifiliate a chi vi sta antipatico.
La ricetta l'ho presa dal libro di Tartine Bakery, di cui vi avevo gia' parlato qui. L'ho divisa a meta', perche' ci aspettano tre mesi pieni di melassa e non sta bene fare indigestione gia' all'inizio della festa.

Tortillas (Project Panettone: Step 1)

giovedì 17 settembre 2009
Tortillias

Vorrei chiarire un paio di cose. A me piace tantissimo mettere le mani in pasta, sporcare tutto di farina e osservare la piu' semplice combinazione di ingredienti mentre prende forma. Siano piadine, brioches o pane toscano, tutti gli impasti che hanno bisogno di essere sbattuti e rivoltati senza pieta' mi danno una certa soddisfazione....

E' proprio cercando il segreto della Pizza Margherita che sono finita dove sono, a scrivere di lieviti e marmellate invece che farmi l'aperitivo coi colleghi o guardare American Idol in TV. Un giorno per caso mi e' venuto in mente di chiedere a Google se ne sapeva qualcosa di pizza, et voila', mi si e' aperto un mondo di forum, blog e cookaround che non mi ha piu' dato tregua.

Tuttavia, per quanto mi piaccia affondare le mani nelle masse appiccicose e ribelli, e sentire il profumo di farina che si spande nell'aria, a volte la pigrizia prende il sopravvento e l'opzione me lo compro gia' fatto suona molto piu' allettante del lavoro di bicipiti. Un giorno forse avro' un Kitchen Aid tutto mio, di colore rosa pastello, e magari avro' anche uno, o addirittura due ripiani piu' larghi di 20 cm, e allora si' che mi vedrete sfornare pizze per tutto il condominio.

In attesa di quel momento felice, preferisco prendermela con calma e fare un passo alla volta, soddisfando la frenesia da glutine con progetti meno laboriosi. Gia' ho provato il Pane Senza Impastare e il Pane Irlandese Senza Fatica, e ho la sensazione che un giorno arrivera' anche il turno della Pizza Senza Impastare di Paoletta e quello delle Brioches Senza Impastare di Ornella. Ma siccome oggi sono particolarmente ottimista, mi sbilancio e vi dico che di questo passo, percorrendo una strada in lievitazione che passa per piadine, popovers e pani della mezz'ora, anche io - forse - arrivero' un giorno a Lui, il Sommo, l'Inespugnabile, il Superbo Panettone, ambizione e terrore di tutti i foodblogger.

Nel frattempo mi alleno partendo dalle tortillas di farina, le piade messicane tanto per capirci. Mmmm... certo che la tortilla e' proprio piatta e mi sa che ne ho di strada da percorrere. OK, magari non questo Natale, ma un giorno... il Panettone... anche io... E mentre disegno le tappe del cammino, mi prendo una tortilla e la spalmo di avocado.


Tortillias di Farina
per 9 tortillas

farina 300 gr.
sale 1 cucchiaino
lievito chimico 2 cucchiaini
olio 2 cucchiai
latte 180 gr. circa


Scaldare il latte in un pentolino finche' tiepido. Mescolare la farina con il sale e il lievito. Aggiungere l'olio e mescolare (io ho usato un olio extra vergine di oliva dal sapore non marcato). Unire il latte poco alla volta e iniziare a impastare. Usare una quantita' di latte sufficiente per ottenere un impasto omogeneo e che non attacca. Se necessario aggiungerne ancora o aggiustare la dose con altra farina.
Impastare per 5 o 6 minuti e poi lasciare riposare l'impasto coperto da un panno per 10 minuti circa. Dividerlo in palline di circa 50 gr. ciascuna. Infarinare leggermente il ripiano e con l'aiuto di un matterello stendere ogni pallina in un disco sottile di circa 15 cm di diametro. Se necessario, pareggiare i bordi con il coltello per ottenere delle tortillas piu' rotonde.
Scaldare una padella in ghisa pesante e cuocere ogni tortilla per circa 30 secondi per lato, rigirandola con una spatola e sgonfiando le bolle che si dovessero formare.
Le tortillas si possono anche congelare, avvolte in pellicola. Vanno servite calde, farcite con carne e/o formaggio, salsa messicana piccante e avocado. A piacere si puo' unire del cavolo tritato fine, della panna acida, oppure si possono farcire con pesce o pollo alla griglia al posto della carne di manzo.

Nota (polemica): le tortillas in realta' andrebbero fatte con lo strutto, ma trovarlo e' praticamente impossibile. O meglio, si trova comunemente solo nei mercati e negozi alimentari messicani, ma si salvi chi puo'... assomiglia piuttosto a glicerina ed e' pieno zeppo di grassi idrogenati, di agenti sbiancanti e deodoranti che servono a farlo durare anche ANNI fuori dal frigo. Altro non c'e', perche' lo strutto in Nord America e' stato stigmatizzato da tempo come alimento troppo grasso e nocivo per la salute. Cosi' oggi, se dici a qualcuno che stai cercando dello strutto, magari per fare le tortillas oppure la base per una pie alla frutta bella fragrante, vieni additato come un sovvertitore dell'ordine sociale. Mentre i supermercati stracolmi di margarine sospette, frutta alla candeggina e alimenti i cui ingredienti ricordano piuttosto le formule chimiche dei tempi del liceo, quelli no, non fanno del male a nessuno, e anzi sono generosamente aperti 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana. Per la gioia di chi evita lo strutto come Satana, ma non ha problemi a fare indigestione di corn syrup.
Perdonatemi ancora una volta il delirante sproloquio.