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Gli Scones di Arizmendi N.1

giovedì 27 agosto 2009
Scones di Arizmendi ai Cranberries e Farina di Mais

Non so se si e' capito, ma mi piacciono un sacco le bakeries. E pure gli scones, a dire il vero. Sarei capace perfino di disegnare una mappa della citta' basata sui panifici e sui prodotti che vendono. Vi piace il pane alle noci con tante tantissime noci? Girate a destra. Volete una ciabatta? Avanti 200 metri e poi a sinistra. Avete bisogno di una baguette come la fanno in Francia, per di piu' sfornata fresca alle 5 di pomeriggio? Autobus N.22, ultima fermata.

E' solo da quando mi sono trasferita in America che mi e' venuta 'sta fissa, in Italia non ci facevo caso. Il fatto e' che da noi i panifici si danno per scontato, un po' come le Chiese: tanto lo sai gia' che appena giri l'angolo ti troverai di fronte a una pagnotta o a un Crocifisso. Qui invece succede lo stesso con Starbucks, un nome una garanzia, e' difficile non sbatterci contro. Mentre le bakeries artigianali, con il forno nel retro e il lievito madre in fermento, sono una rarita'. Per l'Americano medio, il pane e' un parallelepipedo a fette, gommoso, imbustato in sacchetti di plastica trasparente e pronto per essere tostato. Croccantezza, fragranza, profumo e scarpetta non fanno parte dell'immaginario comune. E' per questo che quasi mi commuovo ogni volta che scopro un nuovo panificio oppure vedo che esistono altri fan al seguito come la sottoscritta. Perche' mi da' speranza e mi fa pensare che forse siamo ancora disposti a fare retromarcia e a rinunciare per un attimo alla comodita' del pronto-veloce-facile-economico in favore di qualcosa di sano e autentico. Scusate, come al solito sto divagando...

Per tornare alla mia personalissima mappa, fra le pietre miliari ci metto senza dubbio Arizmendi Bakery, nel quartiere del Sunset. Famosa per la pizza e per le baguettes a pasta acida, Arizmendi fa parte di un gruppo di piccole aziende cooperative capitanato dalla mitica Cheese Board di Berkeley. Leggere la storia di Cheese Board e' trovarsi improvvisamente giovani e rivoluzionari, e innamorarsi di nuovo della California, dei suoi ideali e dello spirito anticonformista che la contraddistingue.

Cheese Board e' nata nel 1967, e all'inizio era un piccolo negozio di specialita' alimentari che ha avuto il merito di mettere in vendita per la prima volta una serie di formaggi autentici e di importazione, i formaggi formaggi, all'epoca praticamente sconosciuti. Ispirandosi agli ideali egualitari degli anni '60 e alla volonta' di redistribuire la ricchezza in maniera piu' equa, qualche anno piu' tardi Cheese Board e' diventata una societa' cooperativa in cui tutti i lavoratori sono anche soci alla pari, hanno uguale diritto di voto e godono della medesima struttura retributiva. E ha continuato a sopravvivere e a prosperare negli anni, sostenuta allo stesso modo dalla fede nella democrazia e dalla passione per gli ingredienti genuini.

Seguendo lo stesso modello, hanno cominciato a diffondersi in anni piu' recenti strutture analoghe, panifici indipendenti di piccole e medie dimensioni, operati e gestiti dai lavoratori stessi, a cui Cheese Board ha messo a disposizione il finanziamento iniziale, oltre che il training e tutte le ricette. Una rete di cooperative nota come Association of Arizmendi Cooperatives, dal nome del Sacerdote José Maria Arizmendiarrieta, fondatore della corporazione cooperativa Mondragón nei Paesi Baschi, ispirata a ideali paralleli di redistribuzione dei mezzi di produzione.

Tornando al pane per i nostri denti e all'argomento piu' stretto di questo post, Arizmendi l'ho segnata sulla mia mappa per le morbide brioches al latticello, i panini a pasta acida dorati e croccanti e TUTTI gli scones, che sono a decine, con gusti che variano a seconda della stagione: al limone e mirtilli, alla zucca, alle mele e noci, al cioccolato, al formaggio. E in fondo anche io per il bene della collettivita', mi sono ripromessa di provarli tutti, quindi tanto vale che iniziamo adesso. Fare scorta di latticello, mi raccomando.


Scones di Arizmendi n.1
Farina di Mais e Cranberries

per circa 6 scones

farina 150 gr.
farina di mais a grana grossa 110 gr.
(io ne ho messi 50 gr. e il resto ho usato farina fioretto)
lievito chimico 1/2 cucchiaio
bicarbonato punta di un cucchiaio
sale un pizzico
burro freddo 115 gr.
zucchero 65 gr. + un paio di cucchiai per la copertura
ciliegie (o cranberries) essiccati 50 gr.
latticello 130 gr.
un uovo per spennellare


In una ciotola, setacciare farina, lievito, bicarbonato. Unire sale, zucchero e farine di mais e mescolare. Aggiungere il burro freddo tagliato a cubetti e mescolare finche’ il burro e' ridotto a granelli. Unire i cranberries (o le ciliegie essiccate) e mescolare ancora. Fare una fontana al centro e unire il latticello. Mescolare l'impasto velocemente, solo fino a quando risulta appena amalgamato. Lasciarlo quindi riposare per circa 5 minuti.
L'impasto si puo' fare tranquillamente a mano, anzi e' preferibile dal momento che bisogna appunto fare attenzione a non lavorarlo troppo a lungo.
Formare delle palle di circa 6 o 7 cm di diametro senza lavorarle troppo, ma cercando di mantenere un aspetto granuloso in superficie. Disporre gli scones sulla teglia foderata di carta forno, pennellarli con l’uovo leggermente sbattuto e spolverare di zucchero. Infornare a 210, abbassare subito la temperatura a 190 e cuocere per 20/25 minuti finche’ sono dorati. Farli raffreddare su una grata prima di consumare.

L' Aceto Balsamico dei Poveri

mercoledì 26 agosto 2009
Aceto Balsamico Fai Da Te

C'erano una volta Louis Vuitton, Chanel e Prada. E poi spuntarono le borse taroccate. Che in qualche caso sono fatte cosi' bene che potrebbero ingannare perfino la stessa Coco.
C'era una volta l'aceto balsamico tradizionale di Modena. Quello ottenuto dal mosto d'uva cotto, quello fatto fermentare e invecchiare lunghissimamente in piccole botti di legno. Quello che ne basta una goccia per mandarti in estasi. E poi spuntarono le bottiglie da 3 Euro. Che non hanno mai ingannato nessuno.

Cio' detto, e' ovvio che se potessi permettermelo comprerei bottiglie di vero aceto balsamico a raffica, e le conserverei all'interno di bauli in pelle firmati Louis Vuitton. Adesso come adesso, tuttavia, non mi sembra un'opzione molto realistica, ed e' meglio che continui a comprare le bottiglie da 3 Euro (o 2 dollari e 99 nel mio caso) e sperare nella fortuna.

Nel frattempo, grazie a Sabrina di Les Madeleines di Proust, ho scoperto questo sistema per dare un po' di vita all'aceto dei poveri e devo dire che mi piace proprio. Certo non e' quello di Modena tradizionale (...e io poi cosa ne so? L'ho assaggiato di sfuggita una volta sola. Chiusa parentesi...), ma e' meglio dei bottiglioni del supermercato e soprattutto e' home-made.
Se Babbo Natale neanche quest anno vorra' sganciare una Chanel o qualche litro di vero aceto di Modena, fategli sapere che sono disposta ad accettare un po' di questo. Grazie della collaborazione.


Aceto Simil-Balsamico

aceto finto balsamico 1/2 litro
miele 3 cucchiai colmi


Versare l'aceto e il miele in una pentola di acciaio e mescolare. Far sobbollire a fuoco medio per circa mezz'ora, finche' si riduce di circa la meta'. Per vedere se e' pronto, versare qualche goccia su un piattino: raffreddando, devono addensarsi.
Mettere l'aceto cosi' ottenuto in una bottiglia di vetro, farlo raffreddare completamente e poi chiudere con un tappo di sughero.

Insalata di Cozze al Cocco e Lime

sabato 22 agosto 2009
Insalata di Cozze al Cocco e Lime

...ovvero Give Cozze a Chance. Ammettiamo che non vi piacciano cotte nel modo piu' semplice possibile, come queste qui, e ammettiamo che siate ancora in dubbio circa il loro sex appeal. Provate allora a dare alle cozze una seconda possibilita' e a farle in un modo un po' diverso: vi assicuro che cocco, lime e peperoncino saranno una piacevole sorpresa.

Questa ricetta dal sapore decisamente thai viene da Bitten, il foodblog del NY Times curato da Mark Bittman, ovvero The Minimalist, quello del Pane Senza Impastare, tanto per capirci.
E come se la ricetta non fosse gia' di per se' abbastanza fusion, ho provato a farla con delle cozze alternative che mi e' capitato di trovare al banco del mercato: dei giganti neozelandesi dalla caratteristica conchiglia verde brillante, talmente bella che e' quasi un peccato gettarla via alla fine del pranzo.

In genere non sono una grande fan dei germogli, nonostante siano molto usati nella California salutista. Nel migliore dei casi li trovo troppo amari, ma forse sono io che non ho ancora saputo decifrarli. Qui pero' ci stanno bene, non fosse altro che per il contrasto tra la loro forma allungata, stile spaghetto, e le curve dei cetrioli e delle cozze ; )
La cosa piu' bella di questa insalata e' pero' il condimento (che ho ufficialmente adottato per future preparazioni). Poco importa che il latte di cocco venga dalla lattina e il lime sia cresciuto non lontano da qui, basta un po' di fantasia e ci si ritrova a donodolare dentro un'amaca nel mezzo di una spiaggia esotica. Ditemi voi, e' cosi' strano che ad agosto io desideri tanto il mare???


Insalata di Cozze
al Cocco e Lime

per 2 persone

cozze fresche 500 gr.
latte di cocco 60 ml. circa
lime 1
salsa di pesce (fish sauce) thailandese 2-3 cucchiai
peperoncini thailandesi freschi 2
(ma qualunque altro peperoncino va bene, suvvia)
coriandolo fresco q.b.
peperone rosso 1
cetriolo 1
germogli non troppi...


In una ciotola mescolare il latte di cocco, 2 cucchiai di succo di lime e la scorza grattuggiata dello stesso, i peperoncini tritati e la salsa di pesce (per la cronaca, la salsa di pesce e' un ingrediente molto frequente nella cucina thai, e' una specie di estratto di acciughe e viene usata al posto del sale).
Tagliare il peperone a cubetti. Sbucciare il cetriolo e tagliarlo a pezzi. Unire i germogli.
Pulire le cozze, eliminando l'eventuale barba e sciaquandole bene sotto acqua corrente. Scaldare una larga padella, metterci dentro le cozze con un paio di cucchiai di acqua, coprire e cuocere per qualche minuto, scuotendo di tanto in tanto. Togliere le cozze a mano a mano che si aprono ed eliminare quelle rimaste chiuse. Toglierle dal guscio e unirle alle verdure.
Far restringere sul fuoco l'acqua che hanno rilasciato, poi unirne qualche cucchiaio al condimento preparato. Versarlo sopra l'insalata, mescolare, cospargere di coriandolo tritato e servire.

Cozze al Vino Bianco

giovedì 20 agosto 2009
Cozze al Vino Bianco

Elevo qui la mia protesta in difesa delle cozze. Qualcuno mi spieghi per piacere come e' nata la cattiva reputazione che le affligge. Brutta come una cozza. Vuoi ripetere, scusa?
Gira voce che siano le cozze appena pescate ad essere brutte. Mah, sara' vero? Io purtroppo non ho mai avuto il piacere di vederle. E dico, magari in questo preciso momento, invece che postare inutili elucubrazioni blogorroiche subendo le radiazioni bluastre del monitor, dicevo, magari potessi invece chiudere gli occhi e ritrovarmi seduta all'aria aperta sul porticciolo di un'oscura isola mediterranea, ad osservare i pescatori al rientro che si scambiano commenti sul nero bottino.
E poi, saranno anche meno belle le cozze appena pescate, ma ditemi la verita', chi di voi si sente al massimo la mattina appena svegli, prima del caffe', del trucco, dell' aggiustata ai capelli e della manicure?
Conchiglia color nero-violacea, striature luminose e concentriche e interno madreperlato. Scommetto che gia' le state riconsiderando. Corpo molle e seducente dal sapore intenso. Accoppiata di colori nero-arancio azzeccatissima, al punto che mi viene da pensare che Domenico e Stefano (al secolo Dolce & Gabbana) non abbiano inventato nulla di nuovo.
E poi le cozze sono troppo simpatiche: facilissime e veloci da cucinare, fanno sempre un figurone. Anche cosi', accompagnate semplicemente da loro sughetto e da due fette di pane tostato.
Sei brutta e antipatica come una cozza. Come hai detto, scusa?


Cozze al Vino Bianco
per 2 persone

cozze fresche 500 gr.
vino bianco circa 1/2 bicchiere
olio, aglio, scalogno, sale, pepe, prezzemolo, burro


Pulire le cozze, eliminando l'eventuale barba e raschiandole per bene. In una larga ciotola, mescolarle con un cucchiaio di olio, sale, pepe, prezzemolo tritato, uno spicchio d'aglio a fette e un po' di scalogno tritato (facoltativo).
Scaldare una larga padella su fuoco vivace, quando e' molto calda versare le cozze con tutto il loro condimento. Scuotere la padella per qualche secondo, poi unire il vino e coprire immediatamente con il coperchio. Cuocere a fuoco alto per 2 o 3 minuti, finche' le cozze iniziano ad aprirsi. A mano a mano che si aprono, toglierle dalla padella e metterle nel piatto da portata. Eliminare quelle rimaste chiuse.
Unire una noce di burro al liquido rimasto nella padella e farlo restringere sul fuoco per qualche minuto. Alla fine versare il sughetto sulle cozze e servirle con fette di pane tostato.

Pomodori Arrostiti al Forno

mercoledì 12 agosto 2009
Pomodori Arrostiti al Forno

Da quando mi sono trasferita a San Francisco, capisco che e' estate da tre cose: i turisti italiani in pantaloncini corti che guardano il cielo con aria confusa e supplichevole, l'arrivo del gelato al melone da Mitchell's, e i pomodori che finalmente sanno di pomodoro.
Avete mai provato un cuore di bue bello maturo, tagliato a fette e condito solo con qualche granello di sale di quello griffato? (se non sbaglio, il grigio in questo caso non va mai fuori moda...). E' meraviglioso come questi due semplici ingredienti racchiudano tutto il sapore dell'estate: il sole caldo e luminoso nei pomodori sugosi e l'azzurro intenso del mare nel sale della costa francese (...scusate lo snobismo, ma per certe cose non c'e' surrogato che tenga).
Immagino che i tempi di cottura di questa preparazione siano proibitivi per chi alla sola idea di accendere il forno si sente svenire per il caldo. Ma forse si puo' approfittare di un pomeriggio di pioggia, oppure si puo' cercare conforto in una caraffa di limonata o di te' alla pesca e mettersi all'opera. Perche' se i pomodori sono buoni, direi che e' meglio non farseli scappare.


Pomodori Arrostiti al Forno

pomodori maturi, tipo perini
olio extravergine, sale, pepe, aglio, basilico, timo


Lavare i pomodori, tagliarli a meta' nel senso della lunghezza. Disporli su una teglia rivestita di carta forno con la parte tagliata rivolta verso l'alto. Condirli con olio abbondante, qualche foglia di basilico, timo se piace, un paio di spicchi di aglio a fettine e un pizzico di sale e pepe (mi raccomando, un pizzico, perche' alla fine della cottura i pomodori saranno un concentrato di sapore).
Infornare a 80/100 per quattro o cinque ore. I tempi di cottura dipendono dalla grandezza dei pomodori, meglio sceglierli piuttosto piccoli.
Una volta freddi, si possono conservare in frigo in un barattolo di vetro.
Sono ottimi sul pane, su un bagel tostato o - immagino - su una frisella (ma magari avessi la frisella! Farla io? No, no no....).

Julie & Julia

domenica 9 agosto 2009
Julie & Julia

Ditemi la verita’: chi ha bisogno di un’altra fonte di ispirazione per mettersi ai fornelli all’una di notte, armati di ingredienti rari, lame affilatissime e attrezzi di dubbia utilita’? E' davvero necessario un altro incentivo per perdere ore di sonno in attesa del ragu’, o per sperperare l’ultimo stipendio in spezie esotiche e ultime novita’ editoriali a tema culinario?
Siete avvertiti: andate a vedere Julie & Julia e gia’ ai titoli di coda sentirete la classica incontrollabile frenesia di correre a casa, sondare il frigo e la dispensa per fare l’inventario delle risorse a disposizione, tirare fuori gli armamenti e iniziare a tritare carote e cipolle freneticamente. Molto probabilmente vi verra’ una voglia pazza di fare il beef bourguignon, non importa se sono le undici di sabato sera e avete appena digerito la pizza alle acciughe.

Perche’ questo non solo e’ uno di quei film a sfondo culinario con primi piani paradisiaci di torte al doppio cioccolato, anatre ripiene in crosta di pane e crostate alla crema. E’ anche un film che parla di una foodblogger newyorkese alle prese con una personalissima sfida: riprodurre una per una tutte le ricette del famoso libro di Julia Child, Mastering the Art of French Cooking, uscito nel 1961 e ancora oggi considerato il piu’ valido manuale di cucina francese in terra americana. 365 giorni per 524 ricette, numeri che a ogni persona sana di mente farebbero impallidire. Ma Julie Powell (Amy Adams) e’ decisa a completare la missione, per dimostrare a se stessa che alla soglia dei 30 anni e’ anche lei capace di portare a termine almeno UN progetto, alla pari delle sue amiche in carriera e palmare-dipendenti.

Fare-la-spesa-usciti-dal-lavoro-correre-a-casa-a-cucinare-la-ricetta-n.-322-assaggiare-il-prodotto-finito-scrivere-un-post-a-tema-cliccare-tasto-Invio-iniziare-a-pensare-alla-ricetta-n.323. Ogni sera per un anno intero, ritmi da caserma militare che tuttavia hanno qualcosa di vagamente familiare... Piu’ di qualcuno si riconoscera’ in Julie che punta la sveglia alle due di notte per terminare la cottura dello stufato, che alla mattina in ufficio controlla i messaggi del blog prima ancora che quelli di lavoro, che parla all’aragosta e che si da’ malata per poter ritentare con piu’ calma un piatto riuscito male. Il tutto sempre di corsa, e sempre nello spazio microscopico di una cucina formato mignon in cui anche fare un uovo sodo sarebbe un’impresa (a proposito, non ho potuto fare a meno di notare che quella cucina x-small e' pur sempre piu' grande della mia...che disperazione!).

Parallelamente, il film narra la storia della stessa Julia Child (Meryl Streep), che nel 1949 va a vivere a Parigi al seguito del marito, un diplomatico al servizio dell’ambasciata Americana. E a Parigi la Child scopre una passione sfrenata per il cibo francese e si mette in testa di fare della cucina la vera missione della sua vita. Si iscrive cosi’ alla prestigiosa scuola Le Cordon Bleu, decisa a sfidare a colpi di omelette i colleghi studenti, tutti rigorosamente maschi e tutti rigorosamente francesi. E una volta ottenuto il diploma si imbarca in un’avventura editoriale di dieci anni, culminata con la pubblicazione del manuale e la nascita del primo show televisivo a tema, The French Chef.

Oltre a una nuova esilarante performance di Meryl Streep in veste comica e alla riconferma dell'azzeccatissima accoppiata con Stanley Tucci, sono sicura che ai foodbloggers non sfuggira’ la carrellata di teglie in rame stagnato in ogni forma e dimensione, di mattarelli lunghi un metro che potrebbero tirare delle sfoglie da qui a New York, coltelli professionali lucidi e affilatissimi, uno per ogni tipo di verdura o pollame, pentole della Le Creuset in tutti i colori dell’arcobaleno, padelle in ghisa pesante che potrebbero sfondare il mio attuale piano cottura, e altre innumerevoli caccavelle stile cucina perfetta. Roba che al confronto gli abiti ne Il Diavolo Veste Prada non sembrano buoni nemmeno come stracci per pavimenti.

Se all’uscita del film vi trovate misteriosamente in coda da Sur la Table o similari, non dite che non vi avevo avvertito. Sigh...che sia arrivata l’ora di barattare la borsa di Gucci per il Kitchen Aid dei miei sogni?

La Rivincita delle Polpette

giovedì 6 agosto 2009
Polpette di Carne

Alzi la mano a chi non piacciono le polpette. La polpetta e' assolutamente perfetta, rotonda, accogliente, confortevole. Sa di casa e sa di buono.
E invece no.

IO ODIO LE POLPETTE!!


O meglio, ho cominciato ad odiarle dal primo momento in cui ho varcato la soglia di uno degli innumerevoli ristoranti "italiani" che infestano...ehm...popolano ogni angolo di questa citta' (e degli Stati Uniti in genere, se vogliamo dirla tutta). Meatballs all over, e' un'invasione di polpette: non solo schiaffate impunemente sopra gli spaghetti, ma anche sulle linguine al pesto, sulla pizza, nell'insalata, sopra le tagliatelle al burro, come contorno a un piatto di melanzane alla parmigiana, come antipasto, come accompagnamento al pollo al limone. Chi piu' ne ha piu' ne metta.

Ora, non e' che mi piaccia fare l'integralista, ma non ci posso fare nulla, queste meatballs proprio non mi vanno giu'. Al di la' degli accostamenti bizzarri a cui sono costrette, mi ferisce vedere polpette grandi come palle da tennis, e soprattuto trovare polpette bugiarde che fanno finta di aver cotto insieme al sugo per la pasta quando invece lo sai benissimo che fino a due minuti prima di essere sbattute sul piatto se ne stavano tutte nude in un grande pentolone, schiacciate tra cento altre palle di carne (MEAT - BALLS). E sai benissimo che il sugo e' stato versato sopra solo all'ultimo minuto, con la conseguenza che l'aroma caratteristico di cui dovrebbe essere impregnato e' andato a farsi benedire. Essendo invece cotte separatamente (bollite? al forno? al vapore? fritte? mah...) le meatballs diventano polivalenti e possono essere di volta in volta contorno, primo piatto o accessorio per la pizza. Non che mi dispiacciano le polpette al forno, lessate in brodo, o fritte, anzi. Quello che non va e' che si faccia loro credere di poter navigare nel sugo come niente fosse...

A dire il vero, polpette e spaghetti hanno gia' ottenuto una bella rivincita qualche anno fa quando, in una memorabile scena del film The Big Night, Stanley Tucci cerca di convincere una cliente che spaghetti&meatballs non possono fare da contorno al risotto al pesce, ben sapendo che il fratello in cucina si rifiutera' di servire una tale eresia. Sometimes spaghetti like to be alone. E bisogna aggiungere altro?

E' vero che ultimamente sono spuntate alcune trattorie/enoteche molto trendy dove le polpette vengono servite con tutti i crismi, ma prima di tutto te le fanno pagare come un filetto di manzo, e in secondo luogo mi dite cosa c'e di trendy nelle polpette? La polpetta mi stona in mezzo a Insalatine di gemme di campo con petali di rosa e riduzione al balsamico o Carpacci di tonno con mojo verde al profumo di zenzero. Semplicemente non e' a suo agio, ecco. E' sbagliata, proprio come un pesce fuor d'acqua o un'altra polpetta fuori dal sugo.

Percio' oggi ecco a voi la mia rinvincita fondamentalista: polpette al sugo, nella cucina di casa, da sole. Niente spaghetti, niente insalata, niente fettuccine al burro. Addirittura niente pure'.


Polpette al Sugo
per circa 16 polpette

carne di manzo macinata 500 gr.
uovo 1
1 o 2 panini raffermi
latte circa 1/2 bicchiere
aglio 1 spicchio
sale, pepe, parmigiano grattuggiato, pane grattuggiato, prezzemolo
olio, aglio, sale, pepe, pomodori per la salsa


Eliminare la crosta ai panini, tagliare a dadini la mollica e metterla a bagno nel latte almeno qualche ora prima.
Mescolare la carne con l'uovo, aglio e prezzemolo tritati, qualche cucchiaio di parmigiano e pane grattuggiati, la mollica di pane scolata e strizzata, sale e pepe (unico accorgimento e' di non metterne troppa di mollica, diciamo...il giusto....). Se l'impasto risulta troppo bagnato, unire ancora un paio di cucchiai di pangrattato. Formare delle palline grandi come noci (noci, non palle da baseball).
In una larga padella rosolare per bene le polpette in un po' di olio con uno spicchio d'aglio intero, poi unire i pomodori precedentemente pelati e passati e far cuocere lentamente almeno 30/40 minuti. Se il sugo si restringe troppo, unire un po' di acqua o del brodo. Se si vogliono polpette piu' leggere, evitare di rosolarle nell'olio e unirle al sugo gia' in cottura.

Torta Leggera di Carote e Mandorle

lunedì 3 agosto 2009
Torta Leggera di Carote e Mandorle

Come ogni nonna che si rispetti, anche la mia sa cucinare divinamente, piatti semplici ma pieni di gusto che hanno sfamato per decenni una famiglia sempre piu' numerosa. E come ogni nonna che si rispetti, anche la mia cucina senza bilance, pesi, misurini o caccavelle di sorta. Nicht. Nada. Quello che conta e' solo l'istinto e l'esperienza, uniti alla disponibilita' degli ingredienti e alla fantasia del momento. Di conseguenza, non esiste in casa sua nemmeno il classico Quaderno delle Ricette, e le poche che ha scritto su fogli sparsi qua e la' sono quelle che non ha mai fatto, quindi tanto vale...

Ogni volta che provi a chiederle Mi spieghi come li fai questi?, sai gia' che tanto e' tutto inutile, la ricetta che lei cerca di dettarti e' tutta un Aggiungi un po' di farina..., Si', ma quanta? Mah non so, il giusto, quanta ne assorbe l'impasto; ...ehm....; Poi metti una manciata di zucchero... Piu' o meno quanto? Ma non so, assaggia...E poi metti delle uova...; Le uova sono facili, nonna, quante sono? Dipende da quanto sono grandi... E i bianchi a neve? Non ricordo, mi viene in mente quando la faccio...

E cosi' di solito ci rinuncio, pensando che forse e' meglio cosi', certi piatti non avrebbero senso al di fuori della sua cucina con il cane sempre seduto a capotavola a fare da assaggiatore ufficiale. Altre volte invece riesco a torturarla fino in fondo e a trascrivere tutto con la precisione di un monaco medievale, per poi scoprire al momento della verita' che i biscotti restano duri come pietre, la crostata si sfalda tutta sotto il peso della crema e gli gnocchi non tornano mai piu' a galla. E' come quando quei famosi chef vanno in TV, sai gia' che le loro ricette saranno incomprensibili, oppure, se si e' piu' fortunati, ometteranno uno degli ingredienti principali. E tutto quello che ti resta sara' un mitico, memorabile FLOP.

Quando ieri ho trovato questa ricetta nel mezzo dei miei vecchi appunti, ho pensato che forse quel giorno la nonna mi aveva tenuto nascosto l'elemento grasso. Niente olio, niente burro, panna o yogurt. Mi suonava un po' strano, ma ho voluto provarla lo stesso pari pari a come l'avevo trascritta. E il risultato per una volta mi ha sodisfatto: una torta sofficissima e molto leggera, perfetta per la colazione. Una specie di pan di spagna alle carote.
Per renderla un po' piu' ricca, ho pensato di farcirla con una semplice crema alla ricotta, ma ci starebbe bene anche della crema pasticcera aromatizzata alla vaniglia o al limone. O anche semplicemente un bel tazzone di caffelatte : )


Torta di Carote e Mandorle
Leggera Leggera

per una teglia di 24 cm di diametro

uova 5
zucchero a velo 150 gr.
carote 250 gr.
mandorle 200 gr.
fecola 100 gr.
lievito 1/2 bustina
limone 1
zucchero a velo per finire


Lavorare a crema i tuorli con lo zucchero a velo finche' sono bianchi e spumosi. Unire le carote grattuggiate, le mandorle tritate finissime, la scorza del limone e un paio di cucchiai del succo. Mescolare, poi aggiungere la fecola setacciata con il lievito. Alla fine incorporare delicatamente gli albumi montati a neve.
Infornare a 180 per circa 40 o 50 minuti. Fare raffreddare su una grata.
Tagliare la torta in due, bagnarla con un po' di latte e farcirla con crema alla ricotta aromatizzata al limone (ottenuta lavorando 250 gr. di ricotta con 2 cucchiai di zucchero a velo e la scorza grattuggiata di 1/2 limone, a cui poi si uniscono 2 albumi montati a neve).
Ricomporre il dolce e cospargere abbondantemente di zucchero a velo.